La metafora del “tubo che perde” (leaky pipeline) è da anni usata per descrivere la significativa riduzione della componente femminile nella progressione della carriera accademica.
In un paper del 2018 su Nature, intitolato “How the entire scientific community can confront gender bias in the workplace”, la biologa e aiuto professoressa dell’Università di Cincinnati Kathleen E. Grogan analizza le cause delle perdite e propone delle soluzioni al problema.
Nonostante donne e uomini abbiano uguale successo nell’ottenere fondi, si è visto che le donne ne richiedono molti meno e che in genere mantengono meno finanziamenti simultanei rispetto agli uomini; in più, le donne richiedono meno rinnovi dei finanziamenti e hanno meno probabilità che le richieste di rinnovo vengano accettate. Inoltre, mentre uomini e donne ottengono valutazioni simili per quanto riguarda la qualità delle proposte di ricerca, gli uomini ottengono valutazioni significativamente più positive per quanto riguarda la qualità del ricercatore.
I manoscritti con una donna come primo autore hanno la stessa probabilità di essere accettati di quelli con un uomo, ma paper con uomo come ultimo autore o autore corrispondente hanno una probabilità maggiore di essere accettati. Inoltre, maggiore il fattore d’impatto di una rivista scientifica minore la probabilità che una donna vi sia pubblicata come primo o ultimo autore, o autore corrispondente.
Si è anche visto che review panels composti da soli uomini accettano significativamente più manoscritti con uomini come ultimo autore o autore corrispondente e che i paper con uomini come autori in posizioni chiave vengono citati più spesso dei paper con donne come autori chiave.
Nonostante le donne si laureino in numero uguale o maggiore in molte aree scientifiche, i pregiudizi di genere influenzano i processi di assunzione e promozione. Per esempio, gli uomini candidati per la posizione di “laboratory manager” sono valutati significativamente più competenti delle candidate donne con uguali competenze e vengono offerti loro salari di partenza maggiori.I membri maschili delle facoltà assumono l’11% in meno di studentesse laureate e 22% in meno di ricercatrici post-doc.
Le candidate donne hanno la metà delle probabilità rispetto ai candidati maschi di ricevere una lettera di raccomandazione eccellente o di avere aggettivi “eccezionali” come “eccellente”, “eccezionale” o “straordinario” utilizzati nella loro lettera, indipendentemente dal sesso di chi ha scritto la lettera.
In tutte le discipline, le donne diventano ricercatrici primarie a un tasso inferiore del 10-20% rispetto agli uomini.
Le donne sono meno presenti come “speaker” in prestigiose università rispetto agli uomini
e hanno molta meno probabilità di ricevere riconoscimenti professionali rispetto agli uomini.
Il pregiudizio di genere appare anche in situazioni apparentemente irrilevanti: le donne fanno meno domande ai seminari, specialmente quando la prima domanda è posta da un uomo. Inoltre le donne sono presenti in meno pubblicazioni su “Science” (8%) e “Nature” (18%) rispetto agli uomini. Nella valutazione dell’insegnamento, le donne sono valutate in media meno degli uomini, indipendentemente dal sesso dello studente valutatore.
Cosa si può fare?
- L’aumento e il mantenimento della diversità delle persone sottorappresentate nelle STEM richiede necessariamente il riconoscimento dei dati che documentano l’esistenza di pregiudizi prima che possano essere trovate soluzioni
- Mettere insieme più dati storici e attuali
- Pubblicare questi dati per confermare il nostro impegno come collettività nei confronti della diversità
- Cercare opportunità di formazione sui nostri possibili “bias” inconsci.