Contribuzione studentesca: com’era?
In un ateneo l’intera contribuzione studentesca non poteva superare il 20% dei finanziamenti provenienti dal Ministero. Questo significa che se lo Stato finanziava l’università, l’università poteva chiedere più contribuzione studentesca, mentre se lo Stato le toglie fondi, essa deve percepire complessivamente meno tasse dagli studenti.
E’ un meccanismo che impedisce alle università di compensare con la contribuzione studentesca un definanziamento statale, evitando così che l’accezzione “pubblica” perda completamente di senso; si potrebbe, infatti, definire “pubblica” un’università che ha tasse molto alte? Semmai la definizione giusta sarebbe “elitaria”, dato che molte meno famiglie potrebbero permettersi il pagamento di queste rette; e questo anche se non fossimo in un periodo di crisi economica, che certamente amplificherebbe esponenzialmente questo effetto di svuotamento classista degli atenei, già cominciato (-17000 immatricolati dal 2003, un calo del 17%).
A Pisa, nell’anno solare 2011, l’Ateneo ha sfiorato questo limite fino al 22%, cioè di circa 4 Milioni! Questo sforamento è stato, però, certificato solo nell’aprile 2013. Inoltre, nella primavera 2011, come Sinistra Per… siamo riusciti a far approvare una modifica del regolamento tasse dove si alzava la soglia minima di ISEE di esenzione delle tasse da 17000€ a 18000€ e si introduceva una fascia in più abbassando la contribuzione ai redditi medi.
Com’è?
La Spending review, approvata nell’estate 2012, rende completamente inutile questo limite, modificando il calcolo del 20% escludendo completamente la contribuzione dei fuori-corso. Quindi il limite del 20% rimane, ma conterà solo la contribuzione degli studenti regolari, facendo diminuire drasticamente il rapporto e consentendo, quindi, la sostanziale liberalizzazione della contribuzione studentesca, che aumenterà negli atenei che vogliono mantenere livelli alti di servizi, didattica e ricerca, divenendo accessibili a pochi alti redditi (o a chi si indebita, vedi la voce sul DSU) mentre rimarrà limitata negli atenei che sceglieranno di abbassare questi livelli, guadagnando immatricolati poveri. In cifre, a Pisa le tasse potranno aumentare fino al 60% per gli studenti regolari (non fuori-corso) e illimitatamente per gli studenti fuori-corso.
Monti e Profumo, dato che non hanno voluto ri-finanziare un sistema che dal 2008 (Governo Berlusconi) è costantemente sottoposto a tagli che ad oggi ammontano complessivamente a quasi 1,5 miliardi € su 7,5 che gli atenei italiani ricevevano e dato l’allarme dei rettori, che per metà annunciano default se nel 2014 l’università non verrà rifinanziata, hanno ben pensato di attingere risorse dalla contribuzione studentesca.
Perchè aumentare le tasse?
Oltre alla già citata necessità di compensare i tagli ministeriali, almeno due sono i provvedimenti che spingono le università ad aumentare la contribuzione, entrambi targati Profumo (ex Ministro dell’Istruzione del Governo Monti):
Decreto legislativo 49/2012 – Reclutamento
Dal 2008 le università oltre ad essere sottoposte al taglio di risorse economiche, sono sottoposte, come tutte le Pubbliche Amministrazioni, al blocco del turn-over, ovvero all’impossibilità di assumere nuovo personale dopo che quello già presente è andato in pensione. In pratica, l’obiettivo era (ed è) ridurre il numero di docenti. Questa riduzione, dal 2008 al 2013 era proporzionale alle spese per il personale degli atenei, e nel caso pisano potevamo reclutare (assumere) il 50% di personale rispetto a quello andato in pensione. Nel 2013, sempre grazie alla Spending Review, abbiamo potuto reclutare solo il 20% del personale che cessava il servizio, così come tutti gli atenei in Italia. Ad oggi i docenti del nostro Ateneo sono scesi dagli oltre 1860 nel 2006 a 1600, e il numero continua a scendere di anno in anno. Dal 2014 entrerà in vigore questo Decreto, che prevede che gli Atenei potranno aumentare la percentuale di assunzioni o se aumenterà il loro finanziamento statale, o se aumenterà la contribuzione studentesca. Gli atenei, visto che di finanziamenti non si sentono neanche promesse, sceglieranno di andare in default (o nel migliore dei casi di rimanere nel guado in cui sono ora), o di alzare le tasse studentesche? Noi qualche sospetto ce l’abbiamo…
Decreto ministeriale 47/2013 – AVA (Autovalutazione, Valutazione, Accreditamento).
I corsi di studio, per rimanere attivi e a numero aperto, devono avere un certo numero di docenti garanti, e ovviamente ogni docente può “garantire” un solo corso o due corsi ma contando la metà.
Questo Decreto, rispetto a quello che lo precedeva (DM 17/2009), prevede requisiti molto più elevati e soprattutto docenti che siano di particolari SSD, cioè che tengano corsi specifici. Questi requisiti di docenti sono tanto più alti quanto più è alto il numero di immatricolati a quel corso;
se i docenti non sono abbastanza, molti corsi ricorreranno al numero chiuso e, se non basta ancora, si provvede a chiusura dell’intero corso.
E’ evidente che questo Decreto è un buon Decreto se le Università hanno docenti, altrimenti diventa un cappio al collo. E infatti, per il prossimo anno accademico 2014/2015, rispetto a questo anno accademico che sta cominciando, per mantenere attivo o addirittura a numero aperto un corso di studio, i requisiti di docenza cresceranno ancora di più e continueranno a farlo fino all’a.a. 2016/2017.
L’Università pubblica e aperta è quindi sotto attacco da un lato perchè gli si tagliano risorse e dall’altro perchè gli se ne richiedono sempre di più per rimanere aperta e accessibile.
Se non si aboliranno subito i provvedimenti del Governo Monti e non si reintegreranno i fondi tagliati dal Governo Berlusconi (e confermati anche dal Governo Monti), ci troveremo a dover scegliere tra università low-cost per poveri con pessima didattica e ricerca e università high-cost per ricchi con buoni servizi. In tutto questo, lo Stato se ne tira ogni anno più fuori, lasciando anche il sapere nelle mani del mercato, con buona pace per il diritto allo studio e della meritocrazia, valutata solo tra i ricchi.
Cosa succede a Pisa?
Lo scorso maggio il Rettore, con un vero e proprio blitz in Consiglio d’Amministrazione nella seduta in cui si approvava il Regolamento tasse, ha fatto approvare una delibera di accompagnamento del regolamento in cui si impegnava l’Ateneo a discutere quest’anno un aumento imprecisato della contribuzione per i fuori-corso da applicare il prossimo a.a. 2014/2015.
Nell’ultima seduta del Consiglio degli Studenti, insieme alla prorettrice al bilancio e al direttore generale, visto anche lo sforamento avvenuto nel 2011, ha espresso la volontà di sospendere questa delibera. Obiettivo per quest’anno è riuscire a cancellarla definitivamente, visto che è una vera e propria spada di Damocle sulla testa degli studenti fuori-corso.
Inoltre abbiamo chiesto e continueremo a chiedere che l’Ateneo continui a considerare, per il calcolo del 20%, l’intera contribuzione studentesca e non solo quella degli studenti regolari, auto-limitandosi nella tassazione.