Sulla testata de “Il Foglio” è comparso, qualche giorno fa, l’altisonante titolo “Oltre mezzo milione di danni: così i Pro Pal hanno tolto risorse agli Atenei”. Scopriamo che, a quanto pare, “molti Rettori non sanno dove recuperare le risorse”: la colpa viene data alle mobilitazioni studentesche.

500.000 euro, che sia chiaro, non sono pochi. Ma, specialmente se li dividiamo su venti Università (comunque gli Atenei italiani sono molti più di 20), si tratta di una cifra che non ha un ordine di grandezza tale da considerarsi allarme rosso per un Ateneo.

Sappiamo già da tempo che “molti Rettori non sanno dove recuperare le risorse” per mandare avanti gli Atenei italiani. In questo caso si parla di cifre che vanno ben oltre i 500.000 euro. I costi delle Università in questi anni stanno continuando ad aumentare, tra bollette e stipendi, con cifre dell’ordine di decine di milioni di euro per ogni Ateneo, che lo Stato vuole vedere pagati ma per cui non ha stanziato fondi aggiuntivi.

La coperta si sta accorciando di anno in anno, eppure, per rifinanziare il sistema universitario italiano, servirebbero pochi miliardi di euro. Non volerli investire dipende solo da una scelta politica del nostro Stato.

Dare la colpa ai movimenti studenteschi, in questo caso quelli “pro Palestina”, è solo un tentativo di nascondere la polvere sotto al tappeto e, nel frattempo, delegittimare la lotta, distogliendo il focus dai motivi che stanno dietro le tante mobilitazioni.

Il definanziamento degli Atenei è un problema strutturale che va avanti da ben prima degli ultimi mesi. Se vogliamo cercare “i vandali” che hanno distrutto e stanno continuando a mettere in ginocchio l’Università, dobbiamo guardare (tra i nomi più illustri) a Gelmini, Profumo, Carrozza, Giannini, Fedeli, Bussetti, Fioramonti, Manfredi, Messa, Bernini e, menzione speciale, Valditara.