Nella commissione didattica d’Ateneo di lunedì 6 maggio è stato portato in discussione il regolamento tasse per il prossimo a.a.
Dopo mesi di rassicurazioni sulla stampa e negli organi istituzionali da parte del nostro Rettore sul fatto che il nostro Ateneo non aumenterà le tasse ai fuori-corso, perché il fenomeno va corretto con altri strumenti come il tutorato e l’introduzione della figura dello studente part-time, ci siamo ritrovati a discutere una imprevista proposta: aumentare del 10% le tasse per gli iscritti da un numero doppio di anni rispetto alla durata normale del corso e del 20% per chi è iscritto da un numero triplo di anni.
Senza voler entrare nel merito dei presunti vantaggi economici per l’Ateneo, per giunta totalmente sconosciuti anche da chi in commissione ha proposto questa manovra, ribadiamo la nostra contrarietà a qualsiasi forma di penalizzazione per i fuori-corso perché da un lato non è il modo per risolvere il problema (come dimostrato da una recente indagine sugli studenti inattivi) sia perché non è pensabile che il taglio dei fondi ministeriali sia compensato da un aumento delle tasse studentesche. Quella studentesca deve rimanere una contribuzione e non può certo essere la prima fonte di finanziamento degli Atenei, altrimenti si rischia di avere Atenei per ricchi con tanti docenti e per poveri con pochi docenti!
Dopo una discussione che ha raggiunto a tratti il ridicolo, siamo riusciti non solo a far bocciare la proposta ma a imporre che non sarà riportata negli organi decisionali (Senato Accademico e Consiglio d’Amministrazione). La minaccia è sventata!
Altre due proposte che invece dovremo discutere negli Organi e su cui si è espressa la commissione didattica sono:
– Adeguamento all’aumento ISTAT che è dell’1,6% e che secondo noi, come l’anno scorso, va a sua volta reso proporzionale al reddito;
– Riproposizione della deroga rispetto all’aumento del 50% delle tasse per gli studenti inattivi (cioè chi non dà almeno 5 CFU in un anno): su questo punto daremo battaglia, a maggior ragione alla luce dei risultati dell’indagine sugli studenti inattivi effettuata dagli uffici dell’ateneo, dalla quale è risultato che il 70% di questi ha un’attività lavorativa. Procedere in questi casi con penalizzazioni del genere significa considerare questi studenti un peso e contribuirebbe ad escludere dai luoghi della formazione solo chi economicamente non può permettersi di sostenere gli aumenti di contribuzione!