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La società in cui siamo inseriti non fa altro che ripeterci che le cose ce le dobbiamo “meritare“.
Il concetto di Merito è ricorrente nella nostra quotidianità, e spesso viene considerato come un presupposto fondamentale: siamo indottз a credere che il merito sia una delle condizioni fondamentali della nostra vita, senza il quale non siamo “degnз” di niente, neppure dei nostri diritti fondamentali, la cui esistenza non dovrebbe essere affatto legata al concetto di “merito”.
Anche l’Università in Italia è particolarmente impregnata di questo concetto e i mezzi di comunicazione non fanno altro che aumentare la nostra percezione che il “merito” debba essere alla base del sistema Universitario.
Pensiamo a quanti esempi ci vengono portati di persone che finiscono il proprio percorso in tempi record o che conseguono nel più breve tempo possibile molti titoli di studio; si tratta di eccezioni, rarissime peraltro, che vengono ostentate come esempi da seguire e che sono spiegati, troppo semplicisticamente, come esempi di eccellenza.
E se queste imprese portano ad una dignità che non potremo mai raggiungere, è perché se la sono meritata.
In realtà il “merito” è una concezione profondamente legata al reddito di partenza di un individuo e al contesto in cui è inserito.
Una persona con maggiori possibilità economiche non avrà bisogno, ad esempio, di lavorare per potersi permettere l’università e i costi da essa derivanti, riuscendo tendenzialmente a concludere il proprio percorso in tempi più brevi rispetto ad una persona che proviene da una condizione di disagio economico e/o sociale.
Come comunità studentesca abbiamo dunque il dovere di riconoscere gli strumenti che l’università mette in campo al fine di “premiare” il merito e di combatterli, in quanto intrinsecamente classisti.
Strumenti quali i numeri chiusi o gli accessi programmati, a cui si accede sulla base di risultati di test di valutazione iniziale, non tengono conto della diversità del contesto di riferimento di chi partecipa al test ponendo, di fatto, un limite di tipo economico.
D’altro canto l’ideologia del merito, seguendo la sua logica assurda, desidera non solo premiare ma fa seguire la punizione come conseguenza “ovvia”, tacciando il non riuscire in qualcosa( o meglio: performare) come frutto di pigrizia o degli errori della persona che, in questo senso, “merita di essere punita”. La tassazione maggiorata per fuoricorso nasce proprio con questo presupposto: punire chi non è meritevole.
Al contrario della narrativa diffusa, tuttavia, chi permane maggiormente in università non è “chi se lo può permettere”, ma, all’opposto, chi ha meno possibilità economiche, in quanto deve prolungare la carriera per un tempo maggiore rispetto a quello previsto.
Si tratta dunque, anche in questo caso, di una misura indissolubilmente e intrinsecamente classista.
Un’altra grave conseguenza del concetto di merito è la competizione che si viene a creare, fra la componente studentesca. Competizione che porta a comportamenti escludenti nei confronti delle persone più in difficoltà o ad un individualismo diffuso, dove ognunə guarda per sé e dove viene meno perfino la solidarietà: persone che non passano appunti o altro materiale e difficoltà ad organizzare uno studio condiviso sono purtroppo realtà in alcune aree della nostra Università, come se dovessimo prevalere su chi è insieme a noi in questo percorso, e come se un voto migliore di un’altra persona facesse abbassare il nostro.
Tutti questi comportamenti, a guardarli bene, sono infatti sadismo e discriminazione autoconclusivi, sentimenti alla base della “meritocrazia”.
Non siamo solз, è bene ricordarlo, dobbiamo fare il possibile per aiutare chi, fra chi frequenta con noi, vive delle difficoltà: alla folle competizione e all’individualismo è meglio prediligere il mutualismo e la cura.
Occorre smascherare l’ideologia del merito e comprendere come dietro di essa si nasconda il desiderio di mantenere, da parte della classe dominante, i propri privilegi. Dobbiamo dunque cercare di scardinare insieme questo sistema che tanto peso ha sulle nostre vite e sulla nostra salute mentale: dobbiamo farlo imparando a riconoscerlo e poi opponendoci insieme per cercare di sradicarlo. Ci meritiamo tutto.