Lettera aperta all’Università di Pisa e al Rettore Paolo Maria Mancarella, al
Comune di Pisa e al Sindaco Michele Conti, alla Regione Toscana e al
Presidente Eugenio Giani, al Ministero dell’Università e della Ricerca e alla
Ministra Maria Cristina Messa
La componente studentesca continua a far sentire la propria voce! Da troppo tempo le
nostre richieste non vengono ascoltate. Per questo, a seguito dell’assemblea di oggi 18
marzo 2022 chiamata da Sinistra Per…, come componente studentesca unita abbiamo
deciso di rimanere all’interno del Polo Carmignani.
La recente decisione della Regione Toscana di non erogare più i contributi per il diritto allo
studio, per recuperare le risorse tramite fondi PNRR, è inaccettabile e pericolosa. La
Regione sceglie di fare un gioco d’azzardo, un salto nel vuoto. Alla meglio, viene detto nella
relazione prodotta dall’Azienda regionale di Diritto allo Studio, i servizi erogati rimarranno gli
stessi di adesso, alla peggio assisteremo all’ennesimo taglio sul diritto allo studio. Anziché
utilizzare i fondi del PNRR per potenziare il Diritto allo Studio, definanziato da più di dieci
anni, investendoli in interventi straordinari come la manutenzione e ristrutturazione delle
residenze, che cadono a pezzi, o l’ampliamento del servizio mensa, insufficiente anche in
periodi di minor affluenza, si decide di affrontare la ripartenza con un gioco sulla pelle della
componente studentesca più fragile e più colpita dalla pandemia, quella borsista. Qualora la
Regione fallisse nei suoi intenti i risultati sarebbero disastrosi: entro il 2024 si stima un taglio
di circa un quarto delle borse di studio, di 650 posti alloggio, oltre alla riduzione dei servizi e
ristrutturazione della loro erogazione.
Questo significa determinare una forte esternalizzazione dei servizi, aggravando, a pochi
anni dalla pandemia, situazioni di sfruttamento e maggiore precarietà delle componenti
lavoratrici.
L’Università italiana è sempre più cara. Le tasse sono aumentate del 60% tra il 2005 e il
2015 e il numero di iscrittз è diminuito di circa il 4,8% se confrontiamo le persone
immatricolate del 2019 con quelle del 2008. A poco sono serviti i finanziamenti straordinari
effettuati tra il 2020 e il 2021: gli interventi migliorativi sono stati pagati a caro prezzo dalla
stessa componente studentesca, soprattutto quella fuoricorso. Crediamo che le
problematicità nelle nostre carriere non possano essere considerate motivo di punizione
sotto forma di tasse aggiuntive, ma piuttosto di analisi e risoluzione delle cause. Sono
molteplici ormai le indagini che dimostrano come chi impiega più tempo a conseguire un
titolo di studio è chi potremmo definire “meno abbiente”.
Esiste un legame intrinseco tra mezzi economici (diretti e indiretti) a disposizione e performatività negli studi: è giunto il momento di metterlo al centro della discussione sul modello universitario che ci
immaginiamo per il futuro.
L’Università non potrà mai tornare accessibile finché i costi a carico delle famiglie e della
componente studentesca non verranno abbattuti. Un servizio pubblico di interesse collettivo,
in quanto tale, deve essere finanziato dalla fiscalità generale e non prevalentemente da chi
ne usufruisce.