Centenario dallo scorso 26 novembre, ieri si è spento uno dei principali protagonisti della Resistenza in Emilia-Romagna.
«Ero in bicicletta, disarmato, in una zona che credevo sicura. I tedeschi sbucarono da un argine. Mi buttai giù e corsi zigzagando tra gli alberi, mentre quelli sparavano all’impazzata. Da una finestra due sorelle, nostre staffette, esclamarono: “L’è propria al dievel”»
È proprio il diavolo, così nacque il suono nome di battaglia.
Germano Nicolini fu partigiano comunista e cattolico. Capitano dell’esercito, venne insignito della Medaglia d’argento al valor militare per esser riuscito a fuggire dalla cattura tedesca l’8 settembre 1943, per poi confluire nella Resistenza.
Non abbiamo solo perso un compagno, una persona conosciuta, amata, che ha significato molto per chi la ha avuta vicino; siamo davanti alla perdita di un frammento di memoria storica, testimone e protagonista di uno dei capitoli più significativi del nostro passato recente; il capitolo forse più a rischio di essere oggetto di storture e rivisitazioni forzate, di pennellate nere, che non aspettano altro che un vuoto di memoria per cancellare e censurare. Per farci credere che la Resistenza è un fatto concluso, una fase passata, una parola senza significato.
Oggi più di ieri – e più di oggi domani – sarà importante non dimenticare; essere consapevoli del fatto che la lotta per un mondo più giusto non è mai finita; ricordarsi che le nostre idee, e quelle che hanno portato chi prima di noi a decidere di resistere, sono figlie della stessa lotta.
E se poi qualcuno dopo il duemila / tornerà ancora su questa storia
raccontatela bene ai vostri nipoti / la vicenda del comandante Diavolo
un uomo che ha preso le colpe di un altro / perché non voleva fare la spia
può darsi abbia perso qualcosa nel cuore / ma mai del partigiano il coraggio.