Ieri l’Eurostat ha pubblicato uno studio sul grado di istruzione nei Paesi membri dell’Unione Europea dal quale emerge un dato preoccupante: l’Italia è penultima a livello europeo per numero di laureati nella fascia d’età 30-34 anni.

Questo infelice risultato è frutto di anni di demolizione del sistema pubblico di istruzione terziaria, anni di tagli alle università, anni di tagli agli enti per il diritto allo studio, anni di pessime riforme. Dopo tanti di questi anni, prendendo in considerazione i giovani (chiaramente un analogo studio sulla totalità della popolazione sarebbe più disastroso), scopriamo che la nostra è la nazione che più abbassa la media europea e ci rendiamo conto di essere ben lontani dall’obiettivo del 40% della popolazione laureata fissato per il 2020.Un laureato su quattro giovani

Con LINK-Coordinamento Universitario, da anni denunciamo come alcune decisioni politiche ed economiche, prese dai governi, dalla regione e dall’Università stanno conducendo inesorabilmente a risultati dannosi per la nostra società.
La riduzione costante da parte del MIUR dell’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) alle università porta quest’ultime a numerose difficoltà e ne preclude ogni possibilità di miglioramento e rinnovamento. Ciò, connesso ad una malsana idea di meritocrazia punitiva, porta all’inserimento dei numeri chiusi.
Il definanziamento degli enti per il diritto allo studio mantiene in vita l’assurda figura dello studente idoneo non beneficiario e non permette di attuare una adeguata struttura di sostegno per i “capaci e meritevoli anche se privi di mezzi”.

Sarebbe troppo comodo però ridurre il problema ad una mera difficoltà di carattere economica: troppo spesso l’università si configura come una giungla in cui solo pochi riescono a superare irragionevoli ostacoli didattici e tecnici. Una giungla che penalizza i fuoricorso, mal supporta gli studenti lavoratori, aiuta poco gli studenti genitori e ancor meno le studentesse in attesa.
Abbiamo un sistema universitario che, dinnanzi a una massa di giovani interessati a proseguire gli studi, inserisce numeri chiusi, esclude i privi di mezzi e non elimina gli inutili ostacoli presenti lungo il percorso.
Su quest’onda, dal prossimo anno nell’Università di Pisa, ben 22 corsi di laurea, quasi 1 su 5, prevederanno forme di esclusione come numeri chiusi o accessi programmati.
Vogliamo un’università aperta, accessibile, sostenibile e attraversabile, fucina del sapere e fulcro del progresso della società.

Perché l’istruzione è la porta d’ingresso alla libertà, alla democrazia e allo sviluppo” (Nelson Mandela)

NOTA A MARGINE
Dallo studio Eurostat emerge anche che il 20% degli uomini è laureato contro un 32% delle donne. Nella stessa fascia d’età l’ISTAT riporta che le donne sono il 7% più disoccupate degli uomini. Se consideriamo gli studi universitari come chiave d’accesso al mondo occupazionale è chiaro che questi dati in controtendenza tra loro dovrebbero far molto riflettere.

Sinistra per…