A partire dal primo marzo le nostre mense adotteranno le nuove tariffe decise dal DSU, che prevedono un aumento delle fasce (da tre diventeranno sei), con conseguente aumento del costo del pasto per quasi tutte le nuove fasce.
Nonostante questa maggiorazione non indifferente, non vedremo in nessun modo un miglioramento della qualità del cibo, né un aumento dell’insufficiente personale delle mense.
Per quale motivo allora dovremmo pagare di più?
Il DSU ha dovuto accantonare in maniera cautelativa 2.8 milioni di euro (per motivi economici dettati dall’Agenzia delle Entrate) dal bilancio 2017, e la prima soluzione, per far fronte a questa “mancanza” economica, era stata individuata nel taglio dei servizi e delle borse di studio.
In particolare: 2 milioni sarebbero stati sottratti dagli investimenti sulle borse di studio e 800 mila euro dalla borsa servizi. Questa opzione avrebbe causato danni gravissimi al diritto allo studio, impedendo a tutti gli studenti idonei, a cui quindi è stato riconosciuto il diritto di usufruire della borsa di studio, di ricevere effettivamente tale borsa, compromettendo così la loro possibilità di intraprendere un percorso universitario.
La regione Toscana, nonostante in campagna elettorale abbia fatto del Diritto allo studio uno dei suoi punti forti, si è presa solo una fetta della sua responsabilità in tema di finanziamento al diritto allo studio, coprendo solamente una parte di questo stanziamento (relativo alle borse di studio), facendo così ricadere i restanti 800 mila sulla borsa servizi.
Queste due manovre, che hanno comunque fatto pesare sulle spalle degli studenti l’intero problema, hanno coperto completamente quella che è stata la difficoltà economica verificatosi. Quindi per quale motivo sono state aumentate le tariffe?
Il DSU motiva il provvedimento con la necessità di assicurarsi dei margini di guadagno “di sicurezza” aggiuntivi alla copertura dei tagli.
Se ad una prima occhiata questa maggiorazione potrebbe sembrare innocua, se non addirittura una misura di equità economica, così come l’Azienda è intenzionata a far passare, risulta chiaro come essa sia solamente una copertura per “far cassa”, poiché fatta con l’obiettivo di fasciare un servizio che invece dovrebbe essere tutelato per l’intera comunità studentesca: in questo modo è prevedibile l’allontanamento degli studenti delle fasce medio/alte, come hanno dimostrato i dati degli ultimi anni relativi all’introduzione della prima fasciazione.
Questa nuova manovra è infatti accompagnata da una diminuzione della qualità dei pasti e da un peggioramento complessivo del servizio; il taglio del personale e il risparmio nell’acquisto delle materie prime ci porta oggi ad un servizio di qualità sempre inferiore e sempre meno utilizzato dagli studenti, di cui usufruiscono tendenzialmente gli studenti borsisti cui spetta, da bando, il pasto gratuito.
Per quale motivo andare a mensa per dover pagare salato un pasto sempre più scadente?
Quello delle mense universitarie non può e non deve essere un servizio che tende verso una sorta di distribuzione gratuita dei pasti per i soli studenti borsisti, rendendone economicamente e qualitativamente sconveniente l’utilizzo per l’intera popolazione studentesca.
Il diritto allo studio si deve rivolgere a tutta la comunità per garantire un pasto conveniente e di qualità, altrimenti ne consegue, come già salta palesemente all’occhio, che che sempre più studenti rinunciano all’utilizzo della mensa preferendo un pasto offerto da servizi, nella maggior parte privati, che offrono un rapporto qualità/prezzo superiore.
Come rappresentanti degli studenti e organizzazioni studentesche riteniamo inaccettabile l’abdicazione dell’ARDSU verso un aspetto così importante del diritto allo studio e parte integrante della ragion d’essere dell’Azienda, la quale si pone come obiettivo la socialità della comunità universitaria, obiettivo tradito dalla decisione di far ricadere sugli studenti le conseguenze dei problemi economici dell’Azienda.
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