Indice
- Come vogliamo sentirci mentre facciamo l’università
- Didattica
- Il Regolamento Didattico d’Ateneo
- Decadenza e inattività
- Appelli d’esame, lezioni e questionari
- Biblioteche
- Materiale didattico cartaceo e digitale
- Fuoricorso in itinere
- Tirocini e statuto
- PF60 e accesso all’insegnamento
- Accessibilità
- Internazionalizzazione
- Centro Linguistico
- Spazi
- Giustizia sociale e crisi ecologica
Come vogliamo sentirci mentre facciamo l’università
Nel momento in cui ci troviamo di fronte a qualsiasi contesto, nuovo o meno che sia, le aspettative che abbiamo sono estremamente importanti. Ci permettono di tracciare una linea, di definire quello che possiamo accettare e quello che, invece, riteniamo profondamente inadatto.
Come ogni altro contesto, anche quello universitario è soggetto a questa dinamica: immaginiamo la realtà in un modo che rispecchi la nostra volontà e il nostro benessere.
Quando parliamo di aspettative dobbiamo per forza considerare che queste hanno un’origine culturale: il modo in cui immaginiamo il nostro percorso di vita è per forza legato a come questo viene descritto, a come ci viene “raccontato” fin dalla nostra nascita.
Il nostro benessere viene meno quando ciò che riteniamo necessario e ciò che ci troviamo realmente a vivere sono tra loro diversi. È in questo momento che ci troviamo ad affrontare una crisi che può avere più conseguenze.
Quello che spesso, e purtroppo, viviamo in Università è la costrizione di essere noi a doverci adattare al contesto, invece di attivarci per fare in modo che questo sia più vicino ai nostri bisogni. Un’Università che risponde alla logica del survival of the fittest, dove va avanti chi meglio riesce ad adeguarsi alle logiche del contesto, a discapito del proprio benessere psicologico.
Ed è proprio di questo che ci occupiamo ogni volta che parliamo di Università: del nostro benessere psicologico, termine e concetto che scegliamo di utilizzare al posto di salute mentale. Non abbiamo bisogno di una diagnosi per sapere se stiamo bene o meno, non possiamo costringere questa dinamica, molto complessa, nella dicotomia tra “fisico” e “mentale”, come se fossero due cose nettamente distinte.
Il concetto di benessere psicologico permea ogni aspetto della nostra vita e non significa “stare bene sempre”: possiamo essere felici, tristi, provare rabbia… e sapere che è ciò che è giusto per il momento che stiamo vivendo.
Il nostro benessere si lega quindi a doppio filo con ciò che ci succede. Nello stendere questo programma elettorale abbiamo deciso di scrivere questa introduzione per tracciare un percorso che unisce tutti i temi che andremo a toccare: il loro impatto su “come stiamo” noi.
La mancanza di trasporti adeguati, a livello di tratte e di orari, o di convenzioni che agevolino la tariffa per la nostra comunità impatta sul nostro benessere psicologico nel momento in cui facciamo l’Università.
La stessa cosa accade con la didattica: lezioni portate avanti leggendo slide o libri, senza nessun tipo di arricchimento o interazione, ritmi di studio serrati e esami “a collo di bottiglia” sono qualcosa che, all’atto pratico “ci fa star male”.
Inoltre, spesso, ci troviamo a parlare di atomizzazione della società, di individualismo e di disgregazione del tessuto sociale collettivo, ma cosa significa tutto ciò?
Significa che i ritmi a cui dobbiamo sottostare e le dinamiche sociali imposte dal dover ottenere il massimo risultato nel minor tempo, non fanno altro che farci soffrire. Purtroppo a volte questa sofferenza ci troviamo a viverla in solitudine, come se fossimo solamente noi a poter risolvere il “nostro problema”, come se dipendesse unicamente da noi. D’altronde, questo è quello che viene insegnato e che ci viene tramandato dal contesto culturale in cui viviamo.
All’opposto, invece, nasce dalla collettività il pensiero politico. L’unione e la vicinanza tra noi, componente studentesca, diventa così l’unica soluzione. Se la comunità viene meno non potrà mai esserci un cambiamento reale delle cose.
Il benessere psicologico di cui abbiamo parlato, di conseguenza, non può che appartenere a tutta la comunità. Per poter stare bene come persone singole dobbiamo costruire, insieme, un contesto che sia più vicino alle necessità collettive.
Ogni anno cerchiamo di darci risposte alle domande “Chi siamo?” e “Perchè facciamo rappresentanza?” Ecco, parte della risposta è contenuta in tutta questa introduzione.
Sinistra per… è un’organizzazione studentesca che da quasi trent’anni “è la voce della comunità studentesca”.
Per essere la voce di una comunità è necessario in primo luogo farne parte, essere persone che vivono tutti i giorni gli spazi universitari, la didattica, il Diritto allo Studio… insomma, il contesto universitario a tutto tondo.
Appartenere a una comunità e esserne la voce significa poi raccogliere le necessità che sentiamo quotidianamente e avere la forza di portarle nelle sedi in cui è necessario.
Per fare ciò ci sono delle condizioni di partenza che per noi sono irrinunciabili e che costituiscono le fondamenta del nostro modo di lavorare.
La prima è l’orizzontalità: chiunque deve poter partecipare e portare le sue domande, analisi e proposte. Il “per…” nel nostro nome sta a significare proprio questo: Sinistra per… è un’idea politica di Università che ogni persona ha la possibilità di declinare per le proprie necessità.
La seconda è l’indipendenza, in termini sia politici che economici, da qualsiasi tipo di realtà partitica o sindacale. Ciò che facciamo, come lo facciamo e soprattutto il motivo per cui lo facciamo, è dettato unicamente dai bisogni della comunità di cui facciamo parte, senza nessuna ingerenza da parte di terzi.
L’obiettivo ultimo è il benessere psicologico, lo stare meglio collettivo di cui abbiamo parlato poco fa, che si può realizzare soltanto con un lavoro costante per ottenere avanzamenti per tutta la comunità.
Per questo siamo presenti nei cortei, nelle manifestazioni e nei presidi. Sempre per questo scegliamo di utilizzare lo strumento della rappresentanza e ci candidiamo negli organi di Ateneo, dai singoli consigli di Corso di Laurea o Dipartimento agli organi come Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione, sia di UniPi che dell’ Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario.
Didattica
La didattica è una delle missioni più importanti dell’Università.
Una didattica che funziona vede la componente docente come parte attiva, che ha come principale compito quello di supportarci, stimolarci e incuriosirci durante il nostro percorso.
La didattica inoltre deve essere, mai come in questo periodo storico, un momento sociale. Nessuna persona dovrebbe mai sentirsi sola nel proprio percorso. Per questa ragione, nel corso degli anni, abbiamo sempre rigettato e contrastato una didattica “a ostacoli”, dove la logica meritocratica e la competizione a chi è più forte sono la visione dominante. Una visione che viene incentivata da meccanismi di vincolo all’ingresso (come OFA e numero programmato) e di sbarramento durante il percorso (quali limiti alle consegne e blocchi alle iscrizioni). Tutto questo mentre grava su di noi la pressione costante del tempo che scorre mentre procediamo. La pressione psicologica che ne deriva logora la nostra capacità di resistere.
Questo modello è l’opposto di ciò che deve essere l’Università. Il nostro principale obiettivo è far sì che cambi radicalmente.
L’Università, infatti, a seguito di riforme scriteriate e del progressivo definanziamento, è diventata un esamificio in cui il nostro obiettivo diventa unicamente accumulare CFU. Un percorso in cui non possiamo permetterci di sbagliare e dobbiamo soltanto correre “più veloce” per “vincere la gara” verso la laurea. Parte in pole-position chi ha una migliore condizione sociale, economica e personale come presupposto. Inevitabilmente, questo sistema va a schiacciare soprattutto chi parte in svantaggio.
Dopo decenni di definanziamento, inoltre, l’Università pubblica si ritrova a corto di fondi e svuotata del suo ruolo principale, non riuscendo a garantire didattica di qualità a chiunque lo desideri. Allo stesso modo, gli Atenei sono sotto organico in termini di corpo docente, il quale è valutato dal Ministero solo in base alla ricerca e alla terza missione: evidentemente per il MUR la didattica non è una priorità.
Eppure, senza la didattica non avrebbe senso nemmeno parlare di Università.
Per questo, per noi, la diffusione della cultura deve essere trasversale e accessibile a chiunque, così come dovrebbero esserlo gli spazi di Ateneo, le lezioni e il materiale didattico.
Il Regolamento Didattico d’Ateneo
La gestione del materiale, di lezioni, esami e tutto ciò che riguarda la nostra didattica è contenuta in un documento di fondamentale importanza: il Regolamento Didattico di Ateneo (RDA).
Da quasi un anno a questa parte, il Regolamento Didattico è in fase di revisione e modifica. In questa occasione, stiamo presentando una serie di proposte per risolvere i problemi che da tempo affliggono la nostra comunità.
Una buona parte delle proposte di modifica che stiamo portando è contenuta nei prossimi paragrafi di questo capitolo, anche se ci sono degli avanzamenti che abbiamo già ottenuto, più o meno recentemente.
Tra questi, ad esempio, il fatto che tutti i corsi a numero programmato debbano sottoporre all’approvazione degli organi di competenza non soltanto il numero di posti messi a bando (com’era fino a un anno fa) ma anche la proposta di mantenere il numero chiuso o rimuoverlo del tutto.
Questo significa che ogni anno si dovrà affrontare la discussione sull’opportunità o meno di mantenere il numero programmato. Si tratta di un avanzamento all’apparenza limitato, ma che a conti fatti ci dà la possibilità, negli organi in cui è eletta rappresentanza studentesca, di mettere in discussione l’istituto del numero programmato, uno tra i tanti ostacoli al nostro percorso di cui parlavamo sopra.
Decadenza e inattività
Esistono due istituti a dir poco bizzarri, quello della decadenza e quello dell’inattività. In poche parole, in base al numero di CFU ottenuti nel corso degli anni o al non pagamento della contribuzione, rischiamo di veder chiusa d’ufficio la nostra carriera universitaria (decadenza) o di subire ulteriori maggiorazioni sulla contribuzione (inattività). I dettagli sono nel Regolamento Didattico e nel Regolamento Tasse, ma è evidente come questi strumenti siano inaccettabili.
Con le modifiche al Regolamento Didattico, stiamo lottando per l’eliminazione della decadenza, e stiamo continuando a fare lo stesso per l’inattività. Questi istituti sentenziano sulla nostra carriera, che invece dovrebbe essere interamente nelle nostre mani.
Abbiamo gli strumenti per decidere se, quando e come proseguire il nostro percorso, e non deve essere l’Ateneo a dirci se abbiamo o meno il permesso di farlo.
Per questo chiediamo:
- l’eliminazione definitiva dell’istituto della decadenza e della inattività.
Appelli d’esame, lezioni e questionari
Nel corso della nostra carriera universitaria spesso ci troviamo davanti ostacoli di vario genere: numeri programmati, Obblighi Formativi Aggiuntivi (OFA), propedeuticità e limitazione delle consegne non fanno altro che rallentarci e metterci in difficoltà. Sono gli stessi strumenti che portano inevitabilmente a prolungamenti di carriera, rinuncia agli studi e fuga verso altri Atenei.
Crediamo che per migliorare la didattica sia essenziale ragionare a livello strutturale: servono risorse, interesse da parte del corpo docente e dell’Ateneo.
Nel frattempo dobbiamo partire dalle basi: per questo lottiamo tutti i giorni per aumentare il numero degli appelli. Si tratta di una richiesta necessaria perché le riforme al sistema universitario degli ultimi anni hanno imposto un’accelerazione dei tempi delle carriere e hanno creato una pressione punitiva contro chi va fuoricorso. L’università non dovrebbe essere un esamificio, ma un luogo di formazione basato su una didattica di qualità e un adeguato tempo per lo studio; nelle condizioni attuali il numero minimo di appelli previsto dal Regolamento Didattico (6+2 straordinari) spesso non è sufficiente per poter organizzare lo studio al meglio. Per questa ragione di contingenza lottiamo per aumentarlo.
Parallelamente a questo, il nostro obiettivo deve essere il miglioramento delle lezioni, massima espressione della didattica. Le lezioni sono tutte pubbliche, come pubblico deve essere il materiale didattico. Ogni volta che vengono pubblicati i programmi di esame, monitoriamo il corretto inserimento del materiale didattico, che dovrebbe essere sempre accessibile e facilmente reperibile (cosa che non sempre viene rispettata).
Per migliorare la fruizione delle lezioni, però, stiamo lottando per avere, come strumento a supporto della didattica tradizionale e in maniera diffusa su tutto l’Ateneo, le registrazioni delle lezioni, come materiale didattico integrativo.
Per aiutarci a monitorare l’andamento della didattica e il comportamento del corpo docente durante gli esami arrivano in nostro soccorso i questionari di valutazione!
Tutti i questionari sono assolutamente anonimi. Quelli sulla didattica per esempio sono obbligatori e vengono aperti durante lo svolgimento dei corsi. Inoltre, l’Ateneo sta sperimentando anche il questionario post-esame, che esiste grazie a una battaglia portata avanti negli anni da Sinistra Per… . Il questionario post-esame serve per darci l’opportunità di fornire un feedback sullo svolgimento dell’esame, che dovrebbe essere tenuto nel rispetto dell’articolo 23 del Regolamento Didattico, fin troppo spesso disatteso!
Riteniamo che l’utilizzo sistematico dei questionari post-esame sia fondamentale per tutelare la componente studentesca.
Per questo chiediamo:
- l’aumento del numero di appelli ordinari;
- la rimozione del numero massimo di consegne per esame;
- l’eliminazione degli OFA come criterio di accesso agli esami del primo anno;
- l’introduzione sistematica dei questionari post-esame;
- orari delle lezioni strutturati in modo tale da garantire la pausa pranzo, evitando il congestionamento delle mense.
Biblioteche
Come comunità studentesca, uno degli spazi d’Ateneo che viviamo maggiormente sono le biblioteche, essenziali per la ricerca, ma spesso utilizzate per sopperire alla mancanza di aule studio. Spesso impariamo ad utilizzare la biblioteca verso la fine della nostra carriera accademica, durante la stesura della tesi. Crediamo sia necessario coinvolgere le biblioteche nei progetti di orientamento e istituire appositi seminari di ricerca bibliografica, consentendo una migliore valorizzazione dei servizi offerti e incentivandone la conoscenza da parte della componente studentesca.
La biblioteca deve inoltre adattarsi al ventunesimo secolo, per poter meglio soddisfare le necessità della nostra comunità, utilizzando un approccio più moderno, per esempio prevedendo dispositivi per la consultazione di materiale digitale.
Le carenze del Sistema Bibliotecario sono evidenti: il limitato numero di copie dei testi a disposizione, la limitatezza temporale prevista per i prestiti, i recenti tagli agli orari di apertura e alle risorse digitali, per cui ogni anno perdiamo accesso a molte risorse.
La necessità della reperibilità del materiale di studio è data anche dal suo costo, sempre più proibitivo. Vogliamo che tutto il materiale didattico sia accessibile: libri di testo, appunti, slide, sbobinature, registrazioni e, in generale, tutto il materiale delle lezioni.
La situazione delle biblioteche, però, sembra solo peggiorare: nel bilancio previsionale 2024 l’Ateneo ha intrapreso numerosi tagli e una delle strutture colpite è proprio lo SBA, il Sistema Bibliotecario d’Ateneo. Lo SBA svolge le sue attività con proprio personale amministrativo, che è però sottodimensionato rispetto al carico di lavoro; negli anni le carenze sono state sopperite appaltando i servizi integrativi ad una ditta privata esterna: da quest’anno i servizi integrativi verranno tagliati circa del 45%, determinando la drastica riduzione del numero di ore svolte dal personale esternalizzato e, di conseguenza, la riduzione degli orari di apertura (prima del Covid alcune biblioteche rimanevano aperte fino alle 22!).
Vogliamo che l’Ateneo garantisca il funzionamento e l’accessibilità delle biblioteche, non riducendo, ma anzi ampliando, gli orari di apertura e prevedendo l’acquisto di nuovo materiale bibliografico e che nel farlo si assuma anche la responsabilità di tutelare le proprie componenti lavoratrici, anche quelle esternalizzate.
Per questo chiediamo:
- l’estensione degli orari di apertura delle biblioteche;
- maggiori finanziamenti per le biblioteche;
- il prolungamento dei tempi previsti per il prestito bibliotecario;
- l’aumento e il rinnovo del materiale messo a disposizione;
- che il corpo docente sia incentivato a fornire e/o donare ulteriore materiale didattico alle biblioteche.
Materiale didattico cartaceo e digitale
Nonostante i recenti progressi fatti per sopperire alle esigenze del periodo pandemico, ad oggi sono ancora poche le iniziative che permettono di muoverci verso una maggiore digitalizzazione della didattica.
Al momento i portali dei singoli dipartimenti non sono collegati tra loro e questo genera confusione dal punto di vista organizzativo, lo stesso vale per i diversi siti web in cui sono sparse le informazioni dell’Ateneo.
Riteniamo quindi necessaria una riorganizzazione delle piattaforme di Ateneo, favorendo una maggiore uniformità e organicità.
Vogliamo la creazione di una piattaforma unica che contenga tutto il materiale didattico dell’Ateneo e consenta di segnalare errori e fare suggerimenti.
Il materiale caricato deve essere completo, comprensibile e accessibile.
Vogliamo che l’Università promuova attivamente l’uso delle piattaforme digitali nel corpo docente, incentivando il caricamento di dispense, slide e ogni altra risorsa utile.
È necessario un ripensamento generale dell’insegnamento: registrazioni audio e/o video delle lezioni possono portare grandi vantaggi quando utilizzate come supporto allo studio, ma anche per seguire lezioni opzionali che potrebbero sovrapporsi agli orari dei corsi obbligatori.
Negli ultimi anni abbiamo sollecitato più volte l’Ateneo ad affrontare concretamente l’argomento, scontrandoci con lo scarso interesse o addirittura un’opposizione ideologica verso gli strumenti digitali. È importante tenere conto delle esperienze virtuose di alcuni Corsi di Studi.
È inoltre fondamentale promuovere una cultura del software libero e del codice sorgente aperto all’interno della comunità, evitando dove possibile di far affidamento a servizi esterni il cui codice non è noto. Dipendere da un’azienda terza vuol dire anche dipendere dalle sue politiche aziendali: ricordiamo ad esempio la perdita delle registrazioni con la dismissione di Microsoft Stream, e i cambi di tariffe del Drive di Google che hanno causato un incremento improvviso delle spese da parte dell’Ateneo.
Chiediamo quindi:
- la creazione di un portale unico di Ateneo per il materiale didattico e che l’Ateneo promuova attivamente l’uso di questa piattaforma;
- una maggiore fruibilità di tutto il materiale, sia digitale che cartaceo;
- l’implementazione sistematica dello strumento delle registrazioni come materiale didattico;
- che l’Ateneo si impegni nell’utilizzo di materiale digitale con licenza open access;
- l’introduzione nei poli di stampanti per la stampa a prezzo calmierato;
- la sostituzione delle piattaforme online affidate ad aziende terze con servizi open-source gestiti da UniPi.
Fuoricorso in itinere
Il sistema universitario, come abbiamo visto, impone tempi accademici più lunghi di quanto una persona vorrebbe. Ciò è dovuto a gravi carenze didattiche e a esami che sembrano una corsa a ostacoli.
Ogni persona però ha ritmi, impegni e circostanze personali che influenzano la durata dei suoi studi universitari.
Chiunque deve avere il diritto di seguire il proprio percorso secondo i propri ritmi, pertanto è necessario supportare chi si trova in una situazione di difficoltà ed eliminare ogni forma di rallentamento e ostacolo!
Nella nostra Università gli appelli straordinari attualmente sono ad accesso riservato per chi è fuoricorso, lavora o è genitore. Non è sufficiente dare la possibilità di fruire di un numero maggiore di appelli solo nel momento in cui si è già fuoricorso: dobbiamo permettere a chi resta indietro con gli esami di poter fruire di strumenti che aiutino a sostenere la propria carriera.
Per questo abbiamo ideato, e in alcuni dipartimenti già sperimentato, il “fuoricorso in itinere”. Questo permetterebbe di usufruire degli appelli straordinari a chi non è “in pari” con gli esami degli anni precedenti. Questo strumento è già stato sperimentato nel dipartimento di Giurisprudenza, venendo accolto molto positivamente dalla componente studentesca. Senza alcun motivo e senza analizzare i dati della sperimentazione, questa possibilità è stata tuttavia recentemente rimossa.
Riteniamo invece che il “fuoricorso in itinere” sia uno strumento valido, anche per aiutare nella progressione delle carriere.
Per questo chiediamo:
- l’istituzione della figura di fuoricorso in itinere, che sia inserita nel Regolamento Didattico e che si estenda a tutta la componente studentesca dell’Ateneo.
Tirocini e statuto
In un’Università che si pone l’obiettivo di fornire una conoscenza a tutto tondo, è fondamentale valorizzare tutto ciò che non può essere appreso da testi o lezioni frontali.
Il tirocinio è quindi parte integrante della didattica e in quanto tale deve essere costantemente oggetto di monitoraggio e miglioramento.
Esattamente come per la didattica in senso stretto, l’Università si deve impegnare a garantire la tutela della comunità studentesca con l’istituzione dello Statuto del Tirocinante, che deve regolamentare i diritti di chi è in formazione, evitando che il periodo di tirocinio sfoci in sfruttamento da parte degli enti ospitanti.
Al momento abbiamo ottenuto, dopo anni di battaglie, l’apertura di un tavolo per la creazione di questo statuto, in cui si sta prevedendo l’apertura degli appelli straordinari per chi ha sostenuto il tirocinio!
Nonostante i tirocini possano essere naturalmente molto diversi in base all’area di riferimento, le procedure burocratiche devono essere omologate e semplificate.
Inoltre, l’Università deve valorizzare i feedback ottenuti tramite i questionari di valutazione dei tirocini, creando un database aggiornato e comprensivo di tutti gli enti con i quali sono attive convenzioni, con la possibilità di escludere quelli che hanno ricevuto valutazioni negative e favorendo lo svolgimento di tirocini presso enti pubblici.
In una società che vuole trasformare sempre di più l’Università nell’anticamera del lavoro, è necessario che l’Ateneo mantenga il suo ruolo di formazione e divulgazione della conoscenza, definendo in maniera netta il tirocinio come parte della didattica.
In quest’ottica dovrà essere dedicata particolare attenzione ai nuovi Tirocini Pratico Valutativi previsti nei Corsi di Laurea abilitanti.
Per questo chiediamo:
- l’introduzione dello “Statuto del tirocinante”;
- il rimborso delle spese sostenute durante l’attività di tirocinio;
- l’apertura dell’appello straordinario a chi ha sostenuto attività di tirocinio;
- la creazione di una banca dati in cui siano aggiornati tutti gli enti convenzionati, che sia chiara e fruibile.
PF60 e accesso all’insegnamento
Il DPCM del 25 settembre 2023 prevede un nuovo percorso di abilitazione all’insegnamento, che si svolgerà attraverso il conseguimento di 60 CFU (o 36 integrativi per chi ha già conseguito i 24 della precedente riforma) nell’arco di un anno.
Con questa riforma non sono stati però stanziati fondi a livello statale per coprire i costi dei percorsi di formazione, che quindi ricadono sugli Atenei e di conseguenza su di noi come comunità studentesca, rendendo sempre più inaccessibile il mondo dell’insegnamento: gli ingenti costi e le tempistiche estremamente lunghe escluderanno infatti soprattutto chi ha difficoltà economiche.
L’accesso al percorso è inoltre subordinato a un numero di posti limitato, legato alle classi di concorso, e alla sostenibilità dell’attivazione dei percorsi per gli Atenei. Si prevede un doppio sbarramento all’accesso: superata la selezione e completato il percorso, oltre alla prova finale dal costo di 150 ulteriori euro, sarà anche necessario sostenere il “concorso scuola”, organizzato periodicamente dal Ministero.
Un altro limite è causato dalla modalità di erogazione: non c’è garanzia di trovare la propria classe di concorso nel proprio Ateneo o nella propria Regione.
È stata prevista la possibilità di erogare i corsi parzialmente in modalità telematica; questo al momento sta avvantaggiando molto le Università private che stanno già lucrando sulle spalle di chi vuole iscriversi al percorso.
Il meccanismo di divisione in classi di concorso costringe chi vuole abilitarsi a più classi di concorso a ripetere il percorso, in forma ridotta (30 CFU), ma sempre ad un costo elevato (2000 euro).
A oltre un anno dalla scadenza della pubblicazione del decreto attuativo, siamo ancora senza certezze: non c’è chiarezza sulle modalità didattiche né su quelle della prova finale.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito e il Ministero dell’Università e della Ricerca devono assumersi le responsabilità di questi ritardi.
Alla scuola italiana mancano oltre 30.000 docenti, tamponati con le supplenze: tutto questo peggiora la situazione complicando ulteriormente l’accesso alla professione di insegnante.
Questa riforma non è un’eccezione ma si inserisce perfettamente nel sistema che si sta delineando intorno al mondo della conoscenza, nel quale la precarietà e la difficoltà di accesso sono ormai all’ordine del giorno.
A livello nazionale, come Link – Coordinamento Universitario, abbiamo avviato la campagna #IOVOGLIOINSEGNARE. Il 21 Aprile a Roma abbiamo chiamato una mobilitazione nazionale contro i costi del nuovo percorso PF60, per una formazione delle docenze che sia pubblica e accessibile!
Accessibilità
La figura dello “studente lavoratore”, dopo anni di rivendicazioni, è stata riconosciuta a livello di Regolamento Didattico, ma continua a presentare molte criticità.
I criteri riguardanti l’attribuzione di questo status sono diversi tra i vari dipartimenti e ciò causa una disparità di trattamento in base al proprio corso di studi. Ad esempio, in alcuni casi, non si applica a chi lavora part-time.
Altre problematiche riguardano soprattutto le tempistiche per presentare la domanda, che tagliano fuori le persone il cui contratto viene firmato, ad esempio, dopo la scadenza dei tempi per presentare domanda, o comunque troppo a ridosso.
Si aggiungono poi il mancato riconoscimento di vari tipi di tirocini curriculari come lavoro effettivo e la disomogeneità tra i vari dipartimenti riguardo alle agevolazioni garantite nei corsi a frequenza obbligatoria.
Uno strumento che abbiamo ottenuto per rendere la nostra Università più accessibile è lo “Studente a Tempo Parziale”. La componente studentesca part-time può iscriversi pagando il 60% delle tasse e rimanere in corso sostenendo non più di 36 CFU all’anno, e comunque non oltre 60 CFU entro due anni (quindi di fatto raddoppiando il tempo previsto per la laurea).
Tuttavia, se i limiti previsti per gli esami sostenuti sono superati, lo status viene annullato d’ufficio e viene richiesto il pagamento di tutta la contribuzione dovuta. Per rendere questo strumento efficace occorre eliminare il tetto ai CFU conseguibili, come già viene fatto in altri Atenei.
Inoltre, questo strumento deve essere maggiormente reso noto, visto che non essendo attualmente ben pubblicizzato, spesso viene scoperto solo quando si è già fuoricorso. Peccato che una volta fuoricorso non si possa più fare domanda!
L’Università ha un ufficio che si occupa di tutelare l’accesso agli studi della componente studentesca con disabilità, ovvero l’USID (Ufficio Servizi per l’Integrazione di studenti con Disabilità).
Riteniamo sia necessario il potenziamento del servizio, in termini di risorse economiche e di personale, prevedendo che in ogni dipartimento ci sia una figura del personale amministrativo dedicata, visto che al momento l’attività è delegata al corpo docente.
Per tutelare le persone con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, infine, l’Ateneo si è dotato dello sportello DSA, che da tempo monitoriamo date le molte segnalazioni per richieste non supportate in modo adeguato.
Al fine di migliorare l’accessibilità della didattica chiediamo:
- per lo status di Studente Lavoratore:
- omogeneità in tutti i dipartimenti dei criteri per ottenere lo status;
- la semplificazione delle richieste e il ripensamento delle tempistiche previste per presentare la domanda;
- l’adattamento dei criteri relativi alla durata dei contratti;
- il riconoscimento di contratti a prestazione occasionale e dei tirocini curriculari;
- per lo Studente a Tempo Parziale:
- prevedere la possibilità di conseguire il 75% dei CFU annui pagando il 75% della contribuzione;
- abbassamento della contribuzione degli studenti a tempo parziale dal 60% al 50%;
- per l’USID e per lo sportello DSA:
- potenziamento dei servizi in termini di risorse economiche e di personale;
- individuazione di referenti amministrativi specifici per ogni dipartimento.
Internazionalizzazione
L’internazionalizzazione è uno dei parametri di valutazione degli atenei per l’erogazione dei fondi ministeriali. L’idea di internazionalizzazione promossa dall’Università è spesso legata al tentativo di alzare questi parametri per avere più fondi, piuttosto che in ottica di arricchimento e intersezione tra culture: questo è evidente guardando anche solo alle borse di studio all’estero, assegnate indipendentemente dalla condizione economica di chi ne fa richiesta e ai programmi di studio internazionali, sbilanciati verso determinate aree considerate “strategiche”.
Ci sono problemi per l’internazionalizzazione in uscita, con bandi erasmus poco pubblicizzati, difficoltà nell’orientamento, nel riconoscimento dei crediti conseguiti all’estero e negli importi delle borse di studio, spesso insufficienti.
Guardando invece all’internazionalizzazione in entrata, è necessario che l’Università organizzi un orientamento più chiaro ed accessibile, garantendo traduzioni del materiale.
Le difficoltà per la componente studentesca in entrata sono tante: dall’aumento delle tariffe mensa (all’estero non esiste l’ISEE) alla difficoltà nel trovare case in affitto (visti anche i casi degli annunci razzisti “no stranieri”), che talvolta costringono a partire senza aver trovato alloggio, spendendo centinaia di euro in B&B nell’attesa di trovarlo, o a rinunciare direttamente all’erasmus a Pisa. A tutto questo fa da sfondo la barriera linguistica, evidente anche nelle carenze di formazione dello stesso corpo docente.
L’Università di Pisa ha aderito all’alleanza Circle U., che unisce 9 Università europee per costruire progetti comuni. Questa prevede la Circle U. Student Union (CUSU), un organo internazionale che mette in contatto le rappresentanze studentesche di queste Università. Come rappresentanti ci adoperiamo in questo organo per portare le esigenze della componente studentesca pisana in un contesto europeo, confrontandoci con le altre rappresentanze studentesche della CUSU su vari fronti, come progetti di didattica all’avanguardia o agevolazione della mobilità internazionale.
Per questo vogliamo:
- aumento dei contributi erogati anche in funzione del reddito per ogni forma di mobilità internazionale;
- allineare l’orientamento e le informazioni forniti dall’Ateneo per la componente studentesca incoming potenziando gli uffici internazionalizzazione dei vari dipartimenti;
- ripensamento completo della tariffazione a mensa per le persone provenienti dall’estero;
- formazione del corpo docente all’uso parlato e scritto della lingua inglese.
Centro Linguistico
Il Centro Linguistico (CLI) offre idoneità linguistiche per i Corsi di Laurea e fornisce corsi di varie lingue alla componente studentesca. Frequenti però sono le segnalazioni di criticità: alcune riguardano problemi strutturali, legati alla gestione del Centro e alla limitatezza dei posti disponibili; altre si legano a problemi tecnici, come l’invalidità delle certificazioni di lingua al di fuori dell’Ateneo. A fare da cornice a tutto ciò è la cronica carenza di personale.
Per quanto riguarda invece l’accessibilità economica, sebbene i costi per noi siano ridotti, questi rimangono proibitivi per molte persone. Devono essere intraprese misure per rendere l’accesso ai corsi più equo verso chiunque.
Per questo chiediamo:
- incremento dei posti e dei corsi di lingua offerti dal CLI;
- gratuità dei corsi di lingua del CLI;
- valenza internazionale dei certificati rilasciati.
Spazi
Da sempre come Sinistra Per… portiamo avanti una campagna volta alla riappropriazione degli spazi da parte della componente studentesca.
Pretendiamo che i nostri spazi siano luoghi di aggregazione, posti in cui possiamo vivere la nostra Università a 360°. Si tratta di un concetto di spazio più ampio, che comprende servizi in linea con le nostre esigenze in quanto parte attiva ed essenziale sia dell’Università che della Città.
Non siamo solo carriere attive in Università, né portafogli da cui attingere per sostenere l’economia cittadina! Le nostre aule sono fondamentali per accrescere il nostro bagaglio culturale, ad esempio attraverso cineforum autogestiti, serate di aggregazione, musica e tutto ciò che garantisce il nostro benessere.
Vogliamo un’università libera, accessibile e attraversabile: gli spazi universitari non possono essere utilizzati solo per le lezioni e gli esami. L’università deve darci i mezzi, formali e sostanziali, per formarci come persone, coltivare la socialità e arricchire la collettività.
Riconosciamo il valore degli spazi autogestiti come espressione della volontà della comunità studentesca di vivere il proprio percorso universitario come una fase di lotta e costruzione sociale.
Quando si tratta di studiare vogliamo aule studio più capienti e adeguate, iniziando dal minimo sindacale, in diversi casi non ancora garantito: prese elettriche e rete di Ateneo funzionante, senza blocchi all’accesso ad alcun sito internet.
Vogliamo posti dove studiare all’aperto, aumentando il numero di casottini elettrificati dove già presenti o prevedendone dove ancora non ci sono.
Inoltre, prima ancora della creazione di nuovi spazi, è necessaria la riqualificazione e la corretta manutenzione di quelli esistenti!
Gli spazi devono essere accessibili anche in termini di abbattimento di tutte le barriere architettoniche: l’Università di Pisa al momento presenta gravi carenze al riguardo, che costringono persone con mobilità ridotte a vivere situazioni di grave disagio. Non tutte le aule prevedono una disposizione dei posti che permetta di seguire agevolmente lezione, alcuni poli ancora non prevedono rampe agibili e ci sono casi di ascensori non messi a norma.
Per questo chiediamo:
- aumento dei posti nelle aule dove poter studiare, che devono essere adeguatamente attrezzate, e il potenziamento di quelle attualmente esistenti;
- ampliamento dell’orario di apertura dei luoghi adibiti allo studio;
- miglioramento delle infrastrutture di Ateneo, dalle prese elettriche alla rete internet;
- nuovi spazi per studiare all’aperto o, dove sono già previsti, l’aumento delle postazioni elettrificate;
- valorizzazione degli spazi autogestiti, in Università e in Città, come luogo di lotta, formazione sociale, e diffusione della cultura;
- riqualificazione degli immobili dell’Ateneo inutilizzati e loro destinazione a spazi per la comunità studentesca;
- manutenzione costante degli immobili attualmente in uso.
Giustizia sociale e crisi ecologica
Come Sinistra Per… ci impegniamo affinchè in Università si adottino politiche e pratiche istituzionali che promuovono la sostenibilità ambientale e la giustizia climatica.
Dopo una lunga campagna contro l’uso della plastica monouso all’interno dell’Ateneo e per l’introduzione di erogatori di acqua potabile, condotta insieme ad altre associazioni attive sul tema, abbiamo ottenuto l’istituzione della Commissione Sostenibilità di Ateneo (CoSA).
L’università ha un ruolo chiave nel formare e sensibilizzare sulle questioni legate al cambiamento climatico e alla giustizia ambientale: vogliamo corsi, programmi e laboratori che affrontino questi temi senza subire il condizionamento di enti privati.
Crediamo sia proprio l’Università il luogo in cui agire per fermare il capitalismo fossile.
Le industrie del fossile, come Eni S.p.A., sono tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra, portando avanti politiche completamente opposte all’indirizzo individuato con la ratifica degli accordi di Parigi.
Interrompere i rapporti con queste industrie da parte delle Università significa prendere un impegno concreto verso il cambiamento: non accettiamo che il nostro Ateneo sia complice di aziende ecocide, che utilizzano i nostri spazi per portare avanti politiche di greenwashing.
Per questo da anni portiamo la nostra voce negli organi di Ateneo, al fine di interrompere i rapporti con le industrie oil and gas.
Anche per questo facciamo parte di End Fossil, movimento internazionale nato per rispondere alla crisi climatica partendo dai luoghi della formazione e del lavoro.
A Novembre 2023 abbiamo occupato il Polo Carmignani, chiedendo:
– l’interruzione da parte di UniPi degli accordi con le industrie del fossile, istituendo una commissione che comprendesse al suo interno anche la componente studentesca, per valutare di volta in volta l’azienda con cui l’Università intendesse intraprendere accordi;
– la creazione di un corso trasversale (che chiunque possa inserire nel piano come esame a scelta) sulla crisi ecologica;
– la realizzazione di uno studio di fattibilità per realizzare una Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale (CERS) sul territorio pisano, che vedesse l’Ateneo come primo ente promotore.
Abbiamo discusso le nostre rivendicazioni all’interno di una seduta straordinaria del Senato Accademico. La nostra proposta di attivare un corso trasversale sulla crisi ecologica e sociale è stata accolta ed è attualmente in fase di elaborazione. Siamo ancora in fase di contrattazione per quanto riguarda lo studio di fattibilità per la realizzazione delle CERS.
Relativamente alla valutazione degli accordi con aziende oil and gas, il Senato ha decretato che la commissione si riunisca in seno alla Commissione Sostenibilità. Tuttavia, contrariamente alla nostra proposta, l’Ateneo ha deciso, per ora, di continuare a valutare ogni singolo accordo senza tenere in considerazione gli obiettivi strategici dell’azienda coinvolta.
Chiediamo inoltre:
- una mappatura dei consumi nei poli universitari e un rinnovamento delle strutture di Ateneo al fine di ridurre gli sprechi;
- un incremento dei distributori di acqua potabile, attualmente diffusi solo in alcuni poli didattici;
- riduzione degli imballaggi o utilizzo di imballaggi più sostenibili per i prodotti nei distributori automatici;
- più opzioni vegane e vegetariane nelle mense, con un occhio di riguardo al km0 e alla stagionalità dei prodotti;
- interruzione dei rapporti con aziende oil and gas o che sostengono politiche incompatibili con la sostenibilità ambientale.
Contribuzione studentesca
La crisi economica in corso mette le famiglie in difficoltà da più punti di vista e, se una volta anche i redditi meno alti consentivano un tenore di vita sostenibile, oggi non è più così.
Ciò si abbina a un sistema universitario fortemente sottofinanziato e a una serie di leggi e politiche che negli ultimi anni hanno reso la contribuzione studentesca, per semplicità spesso chiamata “tasse”, un elemento indispensabile per la sopravvivenza dell’Ateneo.
Tutto ciò è inaccettabile: per sua stessa natura, la contribuzione studentesca dovrebbe integrare le entrate del sistema universitario, non essere risorsa indispensabile al suo funzionamento. Le spese di un Ateneo non dovrebbero ricadere sulla popolazione che ne fa parte. Il diritto allo studio e il raggiungimento del massimo livello di istruzione dovrebbero essere considerati beni comuni che apportano benefici all’intera comunità. Da anni lottiamo affinché l’università diventi gratuita come diritto, come strumento di emancipazione individuale, ma le politiche governative si muovono in direzione opposta.
Ogni anno ci troviamo quindi, come rappresentanti, a discutere di tasse con l’Ateneo. Proprio a causa delle politiche di cui sopra, spesso abbiamo pochissimo margine di manovra e non possiamo fare altro che capire come contenere l’impatto degli aumenti, piuttosto che portare avanzamenti verso la riduzione degli importi. Per la situazione nazionale in cui ci troviamo, senza contribuzione studentesca l’Ateneo rischierebbe il collasso.
L’Università di Pisa presenta forti distorsioni: se da un lato ha uno dei tassi di abbandono e di durata delle carriere universitarie più alti d’Italia, dall’altro il sistema contributivo prevede maggiorazioni per chi è fuoricorso o in stato di inattività.
La maggiorazione per fuoricorso è prevista dalla legge nazionale e deve essere di almeno 200€, ma UniPi, per alcune categorie, non si limita a imporre il minimo previsto. Qual è il senso di mantenere in piedi un sistema universitario che, strutturalmente, porta molte persone a finire fuoricorso e poi aumenta il contributo che devono versare? Inoltre, se le carriere sono più lunghe del previsto, significa che in qualche modo abbiamo difficoltà a rimanere in pari, incorrendo di conseguenza nell’inattività. UniPi in questo caso ci punisce con ulteriori maggiorazioni (70€). Riteniamo che, indipendentemente dall’Università, queste due maggiorazioni siano intollerabili: la nostra vita e carriera universitaria sono troppo complesse e non è possibile standardizzare la durata della formazione per chiunque su 2, 3, 5 o 6 anni, come prescritto dalla legge.
A queste distorsioni del sistema si aggiunge un ulteriore problema: a causa delle carriere strutturalmente prolungate, la popolazione studentesca perde borse di studio e, a causa del dissesto economico del paese, è costretta a lavorare, spesso in condizioni contrattuali al limite dello sfruttamento e talvolta incompatibili con una carriera universitaria portata avanti secondo gli standard ministeriali.
Ciò rallenta ulteriormente le carriere e, nonostante gli sforzi, porta a ritardi nei pagamenti della contribuzione. L’Ateneo non adotta misure in merito, anzi, peggiora la situazione. Quest’anno è stato deciso che non sarà più possibile iscriversi agli esami e sostenerli non appena ci si troverà in ritardo con i pagamenti all’Università di Pisa. Questa decisione, presentata come un mero atto amministrativo di applicazione del regolamento, ha conseguenze molto gravi.
Se, da un lato, questo blocco può essere considerato corretto, perché può fungere da deterrente per dimenticanze o comportamenti abusivi (casi comunque estremi), dall’altro danneggia tutte quelle persone che, per dissesti temporanei o condizioni economiche precarie, sono indebitate con l’Università.
Come se ciò non bastasse, non solo viene proibito di iscriversi agli esami, ma in alcuni casi sono previste penali allucinanti. Un esempio è la rata di iscrizione, pari a 340€: prevede una penale di 75€ se pagata in ritardo anche solo di un giorno, un quarto della spesa iniziale.
L’Ateneo sembra non capire che con questi metodi, seppur volti a limitare gli abusi, colpisce le parti della popolazione economicamente svantaggiate, rendendo la loro situazione ancora più difficile. L’Ateneo risponde a questa critica sostenendo di star promuovendo dei “piani di rientro”, che consentono a chi è in ritardo con i pagamenti di concordare con UniPi un piano di rateizzazione del debito così che, al primo pagamento del piano, si possa tornare a sostenere esami. Noi non riteniamo questa soluzione sufficiente: si tratta di una misura ovviamente necessaria, ma che interviene dopo che una persona si trova già in una posizione debitoria, quando ha già dovuto riconoscere a se stessa una condizione economica difficile. È necessario prevenire il problema a monte, impedendo che si accumuli un debito.
Ma com’è possibile che una persona con difficoltà economiche, considerando che esiste una No Tax Area, si ritrovi comunque a dover pagare delle tasse e ad affrontare tutte le conseguenze problematiche che ne derivano? La risposta sta nell’ISEE, strumento usato per il calcolo della contribuzione, previsto dalla legge nazionale. In primo luogo, circa un terzo della popolazione studentesca (oltre 14.000 persone) non presenta l’ISEE, equiparando di fatto la sua capacità contributiva a quella di una persona con più di 100.000€ di ISEE, finendo così a pagare oltre 2400€ di contributi. Inoltre, l’ISEE stesso presenta forti distorsioni: nella stessa fascia di ISEE possiamo trovare persone con capacità di spesa molto diversi. Una casa di proprietà o immobili ereditati possono far variare l’ISEE anche di decine di migliaia di euro. Questo aumento, nelle fasce basse di ISEE, corrisponde a cambiamenti di anche 500€ nell’importo della contribuzione.
È necessario ripensare il regolamento della contribuzione studentesca, tenendo conto delle fluttuazioni dell’ISEE, correggendone la rappresentazione distorta del potere di spesa delle famiglie e garantendo, soprattutto per le fasce basse di ISEE, una variazione della contribuzione inferiore a quella attuale.
Inoltre, crediamo che l’Ateneo debba impegnarsi maggiormente per rinforzare gli strumenti di tutela e supporto. Pensiamo all’investimento in Centri di Assistenza Fiscale (CAF) in Ateneo per agevolare la richiesta e il rilascio dell’attestazione ISEE, o al miglioramento e alla pubblicizzazione della figura dello studente a tempo parziale.
In sintesi, quando si parla di contribuzione studentesca, è necessario considerare la condizione economica della popolazione e delle famiglie, ragionando prima di tutto sugli effetti sociali sulle categorie meno protette e più svantaggiate, e non limitarsi, come temiamo stia accadendo, a considerazioni di bilancio e a meccanismi punitivi per gli abusi o i comportamenti inappropriati, che possono nascondere invece situazioni di peggioramento per coloro che versano in condizioni economiche difficili.
Per questo chiediamo:
- prosecuzione delle politiche di innalzamento della no tax area;
- eliminazione di ogni maggiorazione per fuoricorso superiore al minimo previsto dalla legge di 200€;
- introduzione di CAF (Centro di Assistenza Fiscale) in Ateneo per rendere più agevole l’accesso alle informazioni fiscali per la comunità studentesca;
- estensione della possibilità di presentare la richiesta di riduzione tasse a tutto l’anno solare;
- revisione del sistema delle more per renderlo meno punitivo.
Diritto allo Studio
Negli ultimi anni la regione Toscana ha intrapreso una politica di revisione del finanziamento al Diritto allo Studio Universitario, sostituendo i fondi regionali destinati a quest’ultimo, prima con fondi del Fondo Sociale Europeo e poi con fondi PNRR, senza prevedere un piano concreto per il futuro una volta che questi fondi saranno estinti. Da questo deriva una situazione incerta e instabile, che mette a rischio l’accesso all’Università ad una grande fetta di popolazione. Inoltre, questi fondi sono vincolati nella spesa soltanto a determinati ambiti, lasciando scoperti, ad esempio, la ristorazione e le residenze.
Dallo scorso Luglio, il DSU ha introdotto un nuovo tariffario per le mense: ora un pasto completo può arrivare a costare fino a € 8.50. Da un sondaggio che abbiamo diffuso negli scorsi mesi è emerso che una persona su cinque ha smesso di andare a mensa a seguito di queste modifiche e che la percentuale di chi ci va almeno una volta al giorno si è dimezzata.
Le nostre condizioni economiche non devono essere un ostacolo al percorso universitario: per questo, da anni, rappresentiamo la componente studentesca negli organi dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio della Toscana (ARDSU), ovvero il Consiglio di Amministrazione, il Consiglio Territoriale Studentesco e il Consiglio Regionale Studentesco. Lo facciamo per tutelare il Diritto allo Studio da ulteriori minacce e per ripristinare un sistema sostenibile, ad esempio con una tariffazione unica delle mense a 2.50€. Vogliamo una mensa accessibile, economica e di qualità, per evitare che l’istruzione diventi ancora di più un privilegio per poche persone.
Il costante definanziamento, unito alla progressiva esternalizzazione dei servizi, minano la condizione lavorativa, dal punto di vista psicofisico e di continuità dei contratti, del personale di mense e residenze. Riteniamo che l’Università e il DSU, così come i loro servizi, debbano rimanere pubblici e trasparenti, per questo supportiamo le necessità della componente lavoratrice.
Strettamente connesso al Diritto allo Studio è il diritto all’abitare. Viviamo una situazione disastrosa per quanto riguarda il caro affitti: molte persone sono spesso costrette a vivere stipate in edifici fatiscenti, pagando cifre assurde. La speculazione immobiliare, in una Città universitaria e turistica come Pisa, è una piaga estremamente diffusa, portata avanti da pochi ricchi proprietari che ci vedono come tasche da svuotare, non come persone.
Lo scorso anno è stata inaugurata (con quattro anni di ritardo) la nuova residenza universitaria di San Cataldo, con 240 posti disponibili. La speranza era quella di risolvere, o almeno alleviare, le lunghe tempistiche a cui dobbiamo sottostare per ricevere una convocazione in residenza. Anche questa, alla fine, è risultata più come una mossa di facciata: inaugurata a marzo 2023, dopo sei mesi ancora ospitava meno di un quinto dei posti disponibili (50 persone). Ad oggi, ancora non sono state assegnate tutte le camere.
A questa situazione si aggiunge la politica di dislocazione delle proprie sedi portata avanti dall’Ateneo, che va ad allontanare parte della componente studentesca dal centro Città. Per quanto ci opponiamo a questo processo, chiediamo che le sedi distaccate già esistenti vengano adeguate allo standard di welfare necessario alla vita universitaria, realizzando mense e aule studio anche nei poli che in questo momento ne sono sprovvisti.
A fronte delle criticità riportate dalla comunità studentesca, numerosi sono stati i nostri tentativi di instaurare un dialogo con l’amministrazione dell’ARDSU, che però ha sempre sminuito le nostre esigenze, attribuendo le colpe alla Regione e al Governo.
Per questo, abbiamo intrapreso una mobilitazione con le altre realtà studentesche di Siena e Firenze, per fare fronte comune e unire le forze contro i soprusi che stiamo subendo.
Pretendiamo che la nostra Università si faccia parte attiva di questo processo, muovendosi a sua volta per espandere i nostri diritti in sede regionale.
Borse di Studio
Le borse di studio, per come sono strutturate a livello nazionale, si fondano su un’ottica meritocratica che penalizza chi invece ne dovrebbe beneficiare. I criteri di accesso e di mantenimento, vincolati all’ottenimento di un determinato numero di CFU in ogni semestre, creano e alimentano una situazione discriminatoria all’interno della componente studentesca, non permettendo un paritario godimento del diritto allo studio. Basti solo pensare a chi studia in dipartimenti che presentano un alto numero di esami annuali, che non permettono di ottenere i CFU necessari alla borsa entro il semestre.
Negli scorsi anni abbiamo ottenuto che le soglie per l’accesso alla borsa di studio nella Regione Toscana fossero adeguate a quelle nazionali previste per legge, ma ormai questo non basta più: non solo riteniamo essenziale una revisione del bando di accesso alla borsa, ma anche e soprattutto una ristrutturazione della borsa stessa, con la reintroduzione della borsa servizi.
Quest’ultima, erogata fino al 2017, permetteva a chi non rientrava nei criteri per la borsa di studio di accedere gratuitamente ad alcuni servizi essenziali, come le mense universitarie o semplicemente ricevere un contributo economico utile a fronteggiare le varie esigenze che la vita universitaria comporta, come l’acquisto di materiale didattico o l’abbonamento al trasporto pubblico locale.
La borsa di studio deve essere uno strumento veramente atto ad eliminare gli ostacoli di carattere economico al diritto allo studio, in modo tale che da garantire la possibilità di formarsi e istruirsi. Senza tutele il nostro diritto allo studio muore.
Mense
Dall’inizio dell’anno accademico 2023-2024, è entrato in vigore il nuovo tariffario della mensa, che ha comportato un drastico cambiamento per la componente studentesca. Da un giorno all’altro, ci ritroviamo a dover pagare fino a 8.50€ per un pasto completo.
Appena abbiamo appreso di questi aumenti, abbiamo dato il via a una mobilitazione che ha coinvolto allo stesso modo la componente studentesca e il personale della mensa: abbiamo diffuso capillarmente un sondaggio dal quale è emerso che l’affluenza alla mensa è drammaticamente crollata, mentre i problemi logistici e organizzativi sono rimasti gli stessi, se non aumentati.
Stiamo lavorando per il ritorno alla vecchia tariffazione che, seppur non ancora allineata alla nostra idea di diritto allo studio completamente libero ed accessibile, riuscirebbe a recuperare quella fetta di popolazione studentesca ad oggi impossibilitata ad usufruire del servizio mensa.
Le mense sono uno dei pochi spazi di socializzazione rimasti in Università ed è essenziale che siano accessibili a chiunque: abbiamo chiesto e continueremo a chiedere che vengano creati spazi appositi per consumare il proprio pasto preparato a casa, sia all’interno che all’esterno della mensa.
I menù, per quanto migliorati dal punto di vista della scelta, ancora presentano molti problemi, sia per chi ha particolari esigenze alimentari che, più in generale, per la qualità degli alimenti, non sempre ottimale. Vogliamo una mensa che risponda a tutte le abitudini alimentari e che non faccia venire meno la qualità in nome del risparmio.
Per ottenere tutto ciò è necessario che Università e DSU si impegnino a collaborare, come abbiamo sempre richiesto, ad esempio ottimizzando gli orari delle lezioni per permettere che ci sia un’affluenza scaglionata a mensa, evitando le solite file interminabili.
Residenze
Le evidenti carenze delle residenze si legano alla grave crisi abitativa in cui versa tutta la Città e di cui parlavamo precedentemente.
Uno dei principali problemi è il tempo di uscita del bando borsa di studio e posto alloggio: le prime assegnazioni iniziano tra ottobre e novembre, troppo tardi per chi inizia i corsi a settembre e quindi dovrà trovare una sistemazione provvisoria. Al ritardo nelle prime convocazioni si aggiungono i tempi di esaurimento delle graduatorie, estremamente lunghi: non è raro vincere il posto alloggio ma ricevere la convocazione solo nei mesi estivi o addirittura dopo più di un anno.
Per sopperire a questi ritardi, l’ARDSU eroga un contributo affitto. Si tratta di un rimborso a cui può accedere solamente chi dimostra di avere un contratto di affitto regolare della durata di almeno sei mesi. Questo contributo presenta numerose criticità, prima fra tutte la modalità di erogazione: il contributo viene versato come rimborso delle spese sostenute, a fine di ogni semestre. Questo significa che, almeno per il primo semestre, dobbiamo essere in grado di sostenere la spesa dell’affitto solamente con le nostre risorse. Per chi si ritrova a dover pagare l’affitto per poter studiare pur avendo diritto al posto alloggio, questa non è altro che una soluzione tampone, talvolta non sufficiente a permettere di continuare gli studi a Pisa.
Le residenze stesse non sono prive di criticità: spazi fatiscenti, carenza di aule studio e spazi di socialità, arredi non funzionali (e alle volte neanche funzionanti) e un servizio di manutenzione così lento da risultare quasi d’intralcio.
Altro problema molto presente è il regolamento a cui deve sottostare chi vive in residenza. In primo luogo, in relazione alla possibilità di portare ospiti nella propria stanza, cosa assolutamente vietata oltre certi orari e che, come possiamo immaginare, può compromettere parte della nostra vita sociale.
Ulteriore aspetto sono i controlli per verificare lo stato dell’alloggio: periodicamente sono tante le segnalazioni che ci arrivano rispetto a evidenti violazioni della privacy: controlli effettuati mentre la persona sta dormendo, è in bagno o in altre situazioni… basta non rispondere alla porta e chi sta facendo il controllo entra in stanza.
Questi sono solo alcuni dei motivi per cui da tempo chiediamo al DSU di attuare una revisione del proprio regolamento residenze.
Lotta alle esternalizzazioni
Per un ente pubblico, esternalizzare un servizio significa appaltarne lo svolgimento a una ditta, spesso cooperativa, terza. Si tratta di una piaga che da tempo affligge un servizio pubblico sempre meno finanziato: appaltare un servizio costa meno rispetto ad assumere personale addetto e comporta minori responsabilità per l’ente che decide di farlo.
Le condizioni di lavoro del personale, inoltre, sono peggiori: gli stipendi sono mediamente più bassi rispetto a quelli di chi svolge lo stesso servizio ma ha un contratto di assunzione diretta. Minori sono anche le tutele sul luogo di lavoro, a cui si aggiunge una situazione di forte precarietà contrattuale.
In Università, questo fenomeno è molto diffuso: esternalizzato è parte del personale delle biblioteche, della portineria, così come nelle mense e nelle residenze.
Come Sinistra Per… ci opponiamo a ogni forma di esternalizzazione: esternalizzare mette nelle mani del privato un servizio che dovrebbe essere di competenza della Pubblica Amministrazione.
Per ragioni simili, rifiutiamo anche le forme di partenariato pubblico-privato, di cui è grande esempio la residenza Praticelli.
Crediamo che se un ente ha in carico un servizio, questo debba prendersi la responsabilità di garantirlo attraverso proprio personale, investendo su politiche di assunzione e stabilizzazione dei contratti in essere.
Preso atto dello stato di residenze, mense e di tutti i servizi connessi al DSU, chiediamo:
- la reintroduzione della borsa servizi per chi presenta condizioni economiche svantaggiate ma non rientra nei criteri della borsa di studio;
- il ritorno alla precedente tariffazione della mensa;
- la revisione dei criteri economici di accesso e dei criteri di mantenimento (numero di CFU) della borsa di studio;
- la realizzazione di spazi all’aperto e nelle mense dove poter consumare il pasto portato da casa;
- la realizzazione di mense che possano essere frequentate da chi studia in poli distaccati;
Pari opportunità
La nostra società è permeata da sistemi oppressivi che continuano a limitare l’accesso alle opportunità di molte persone.
L’Università deve essere uno spazio di liberazione dei saperi e di autodeterminazione delle coscienze e in quanto tale è il primo ambiente da cui deve partire un’azione trasformativa mirata alle radici stesse del sistema, per il raggiungimento dell’uguaglianza sostanziale.
Nonostante la definizione di pari opportunità preveda la tutela da ogni tipo di discriminazione, nella pratica spesso ci si interessa solamente alle questioni di genere (il più delle volte in ottica unicamente binaria).
Il Comitato Unico di Garanzia (CUG) dell’Ateneo, cerca di occuparsi di queste tematiche, svolgendo conferenze, eventi e proponendo iniziative, poco accessibili per la comunità a cui sono rivolti e che non portano soluzioni concrete a questi problemi, ma spesso forniscono solo risposte e concetti approssimativi, senza prendere una posizione netta sulle tematiche.
Inoltre, ci ritroviamo in un Ateneo che di fronte alle molestie perpetrate dalla componente docente si fa scrupoli a denunciarne pubblicamente le azioni e a prenderne le distanze, limitandosi, nel migliore dei casi, a un semplice richiamo al codice etico senza nessuna reale conseguenza per le violenze compiute.
L’unico avanzamento sostanziale che l’Ateneo è riuscito a fare negli ultimi anni è stata l’approvazione, su nostra spinta, della carriera alias, un protocollo di semplice applicazione che consente anche a persone trans e non binarie di avere nuovi documenti di riconoscimento, come il libretto o il badge universitario, riportanti il nome di elezione in sostituzione del nome anagrafico.
Sono passati ormai 8 anni dall’approvazione della carriera alias, ma non ci sono stati ulteriori avanzamenti su queste tematiche: è dal 2016 che la comunità studentesca pretende assorbenti gratuiti in Ateneo e quest’anno la governance ha finalmente ceduto, mettendoli nei poli per poi spacciare quest’iniziativa nata dal basso come una sua idea.
Sono anni che chiediamo bagni realmente neutri, che non risultino ghetti per chiunque non si conformi al binarismo di genere. Dopo mille battaglie, l’Ateneo si è limitato a mettere delle misere etichette di fronte ai gabinetti. Queste etichette sono durate poco e pezzi di comunità accademica hanno colto la palla al balzo per ostacolare l’implementazione dei bagni neutri con becere motivazioni.
Se questo è progresso, allora vogliamo la Rivoluzione. Vogliamo che l’ateneo rifletta sui suoi problemi strutturali, di matrice patriarcale, che affliggono l’interezza della nostra società: vogliamo metta in discussione le violenze che agiscono sulle soggettività che lo attraversano, che riveda i suoi programmi in ottica transfemminista intersezionale, e quindi ne scardini i bias ciseteronormativi che vedono il sistema accademico modellato a immagine e somiglianza dell’uomo etero bianco, che mai si è posto domande sul genere assegnatogli alla nascita.
Molte persone non sanno di perpetrare violenza e l’ignoranza non è mai stata una giustificazione, soprattutto se esclude, discrimina, annichilisce, allontana o uccide una persona. È necessario formare la componente studentesca, docente, tecnica, amministrativa, bibliotecaria e esternalizzata affinché con una nuova coscienza, si possano rendere gli spazi che attraversiamo più sicuri, minimizzando se non annullando gli episodi violenti in ogni loro forma.
Vogliamo che l’Università sia il motore di cambiamento nella società.
Centri antiviolenza
La questione fondamentale che molti di noi sollevano riguarda l’approccio alla violenza: oltre a trasformare progressivamente la nostra Università, dobbiamo concentrarci sulla prevenzione e sulla riduzione del danno, anziché limitarci a insegnare alle persone a difendersi una volta che la violenza è già avvenuta.
Ci deve essere una tutela concreta non solo da un punto di vista formale, ma anche sostanziale: non è sufficiente riempirsi la bocca di belle parole, bisogna anche rimboccarsi le maniche ed agire.
Ci chiediamo, dunque, come l’Ateneo tutela le persone vittime di violenza attuata proprio all’interno delle mura universitarie e quali sono i protocolli che attua nei confronti di chi questa violenza la perpetra.
Per rispondere a questa necessità i tre atenei pisani, Università di Pisa, Scuola Normale Superiore e Scuola Superiore Sant’Anna, hanno creato uno sportello contro la violenza di genere dedicato proprio alla comunità universitaria. Tale centro è un luogo sicuro a cui potersi rivolgere, ma è evidente anche dal nome stesso che non risponde alla necessità di tutta la comunità.
Così continuiamo a ignorare il vero problema, quello strutturale e sociale, limitato a vedere chi subisce violenza come mere vittime da sovradeterminare e gli aggressori come mostri che non hanno possibilità di intraprendere un percorso trasformativo nel quale consapevolizzare i propri errori e decostruire le loro criticità.
Al momento, non ci sono vere tutele per le vittime né possibilità di riabilitazione per chi agisce violenza.
Crediamo fermamente nell’implementazione di percorsi di giustizia trasformativa, approcci collettivi per la gestione delle violenze e la trasformazione della comunità, in cui le vittime vengono tutelate ed allo stesso tempo ascoltate.
In un sistema in cui cerchiamo ancora di porre l’onere della prevenzione sulle vittime e non formiamo le persone su cosa sia la violenza, è evidente la necessità di un CAV.
Vogliamo un CAV di ateneo che si dedichi a programmi e iniziative che mirano a prevenire la violenza tramite la formazione e fornire tutele concrete quando essa viene perpetrata.
Vogliamo un CAV a cui chiunque si possa rivolgere, a prescindere dal proprio genere o dal ruolo all’interno dell’università, nel quale si trovino diverse figure formate su come rispondere alle denunce di violenza.
Studentɜ genitorɜ
Il ruolo di cura è uno dei ruoli fondanti della società, spesso visto solo nell’ottica della dicotomia “madre-padre”, dove la prima riveste il ruolo di cura, e il secondo il ruolo di gestore e sostentatore della famiglia.
Nel momento storico in cui viviamo non si può continuare ad assumere questa dicotomia come verità indelebile. Si parla di cura e non di maternità o genitorialità, non solo perché la cura è un concetto più ampio, ma proprio perché non è definibile col ruolo di genere.
Pretendiamo un’Università che sia realmente accessibile e che garantisca spazi, fisici e non, per tutte quelle soggettività che decidono o devono farsi carico di lavori di cura di diversa natura e che, per questo, sono impossibilitate a seguire lezioni e a dare esami.
L’impegno per la tutela della genitorialità da parte dell’Ateneo è attualmente troppo limitato: le convenzioni per asili o ludoteche per chi si trova nella condizione di studentə-genitore sono ancora economicamente molto gravose.
Per questo motivo stiamo lavorando in commissione edilizia per determinare la sede più idonea per l’implementazione di un asilo: riteniamo che sia essenziale collocarlo in una zona accessibile, non dislocata dalle sedi universitarie. Inoltre, vogliamo promuovere l’istituzione di asili nido pubblici nel cuore della città.
Vogliamo che le tutele attualmente riservate alla maternità siano estese alla genitorialità. Questa, alla pari di un lavoro necessita di tutele per poter conciliare diritto allo studio e ruolo di cura.
Libertà di culto
Tra i vari fattori di inclusione sociale vi è il rispetto della libertà di culto.
Da tempo, a Pisa, emerge la necessità di diverse comunità religiose di avere un luogo dove poter esercitare il proprio culto in modo consono. Nella nostra città sono presenti innumerevoli chiese, una sinagoga e nessun altro spazio di culto. Questo non è un caso: le scelte politiche che il Comune di Pisa ha attuato nel corso di questi anni, tra le quali una campagna elettorale basata sul non costruire una moschea, hanno leso la libertà di culto di migliaia di persone e sono contravvenute ai principi di laicità sui quali il nostro Stato si fonda, andando anzi a contribuire ad un crescente clima di xenofobia.
Pensiamo che l’Università debba impegnarsi per tutelare tutte le persone che la attraversano: non deve piegarsi alla narrativa xenofoba e razzista del Comune ma deve attivarsi per rendere più inclusivi i suoi spazi rispetto alle diverse professioni religiose e culti.
La componente studentesca ci ha evidenziato più volte la necessità di uno spazio dedicato al culto privato, inteso come un luogo dove ogni soggettività è libera di esprimere la propria spiritualità al di là dei confini della tradizione religiosa egemone.
Inoltre, il calendario didattico dell’Ateneo tiene conto delle festività della tradizione cristiana cattolica, trascurando quelle legate ad altri culti, siano essi appartenenti a religioni abramitiche o meno. Questa scelta riafferma il tema dell’egemonia culturale della fede cristiana, che permea anche ambienti come il nostro, in Italia, contrapponendosi al principio di laicità.
L’Italia è uno stato laico, e pertanto, affrontare queste problematiche implica attuare politiche che permettano la pratica di culti differenti da quello egemone.
Per questo chiediamo che:
- l’Università si faccia garante della libertà di culto, riservando uno spazio dedicato alla spiritualità;
- l’Università tuteli coloro che desiderano rispettare le festività non integrate nel calendario didattico.
Vivere la città
Come componente studentesca abbiamo il diritto di rivendicare la nostra presenza e la nostra vivacità nelle strade della Città.
Viviamo in un contesto che prescinde dai confini fisici dell’Università, dobbiamo poter trovare proprio nella Città e nei servizi che essa offre le tutele e le opportunità di socialità e aggregazione di cui abbiamo bisogno.
Negli anni, invece, le politiche del Comune di Pisa non hanno favorito in alcun modo la comunità studentesca, nonostante questa rappresenti un terzo della popolazione cittadina.
Subiamo una marginalizzazione fisica: l’offerta culturale in Città è carente, il nostro svago è subordinato al consumo e il turismo viene usato come giustificazione per spingere la popolazione residente fuori dal centro storico. Le ordinanze contro la “malamovida” sono un altro degli strumenti per indurre lo svuotamento dei luoghi di socialità in Città.
Allo stesso tempo, subiamo una marginalizzazione politica: limitato è il potere decisionale della componente studentesca sulle politiche cittadine e del territorio, mancando a tutti gli effetti un concetto di “cittadinanza studentesca” e di conseguenza, i diritti che ne derivano.
Nonostante la chiusura dell’Amministrazione comunale, negli ultimi anni abbiamo presentato proposte per risolvere i problemi della comunità studentesca sul tema dell’integrazione tra Università e Città. Come rappresentanza studentesca, facciamo parte della Conferenza Università Territorio (CUT), sede in cui abbiamo ottenuto ad esempio le agevolazioni per i trasporti e l’assistenza sanitaria per fuorisede. Ma dobbiamo continuare a rivendicare il nostro diritto alla partecipazione e alla cultura: riteniamo per esempio che l’accesso a musei e cinema debba essere gratuito.
In parallelo a questo, dobbiamo essere anche noi come componente studentesca a fare e condividere cultura. Concerti, conferenze e eventi ricreativi sono solo alcuni dei modi con cui riempire gli spazi della nostra Università e di Pisa. Come Sinistra Per… organizziamo ogni anno il Pisa Rock Festival, spazio dove dare risalto a band affermate ma anche emergenti, composte da chi in primo luogo studia in questo Ateneo! A questo si aggiungono eventi, workshop, pubblicazioni e riviste scritte dalla stessa componente studentesca.
Sport e CUS
Anche lo sport è un momento di interazione e socialità. Lo sport è un diritto che dobbiamo tutelare, monitorando le condizioni del Centro Universitario Sportivo.
Negli anni abbiamo analizzato l’accessibilità delle infrastrutture e la disponibilità dei materiali e dei corsi: abbiamo lavorato per risolvere i problemi di alcuni impianti, come il campo da hockey, da calcetto e la palestra, e abbiamo supportato il ripristino della convenzione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) per il certificato medico a costo agevolato per chi ha la tessera del CUS.
Purtroppo, però, lo sport viene messo in secondo piano dall’Università: gli orari delle lezioni e l’inesistente flessibilità degli insegnamenti e del corpo docente rendono difficile trovare il tempo per dedicarsi alle attività sportive. Siamo disincentivate a praticare sport e come in tanti altri ambiti ci è richiesto di concentrarci solo ed esclusivamente nello studio, senza avere la libertà di coltivare alcun tipo di hobby. Noi rivendichiamo il nostro diritto di poter dedicare tempo allo sport, anche a livello agonistico. La dual career, infatti, è assolutamente insufficiente: solo coloro che hanno ottenuto buoni risultati a livello nazionale possono usufruirne, ma lo sport deve essere accessibile a tutte le persone che vogliono praticarlo!
In questo senso, il CUS non sembra particolarmente interessato ad avvicinare le persone. Le sue problematiche sono sempre più evidenti, tra cui la mancanza di adeguate strutture per praticare gli sport che offre.
Per questo motivo stiamo diffondendo un sondaggio per raccogliere le esperienze e le segnalazioni utili a migliorare il servizio: puoi compilarlo sulla nostra pagina instagram!
Alla luce di tutto questo chiediamo:
- aggiornamento della convenzione per il certificato medico a prezzo agevolato con l’AOUP;
- manutenzione e aumento delle strutture e dei campi in cui praticare sport;
- ampliamento dell’offerta di corsi e tornei;
- ottimizzazione dei meccanismi di prenotazione degli spazi per sport amatoriali;
- miglioramento dei collegamenti con trasporto pubblico tra il CUS e il centro.
Trasporti
Il tema dei trasporti è per noi molto caro: come componente studentesca ci muoviamo da e verso l’Università a piedi, in bicicletta, con bus e treni, quindi abbiamo bisogno che questi funzionino al meglio.
Questo tema, così vicino al nostro quotidiano, si lega strettamente alla nostra lotta ecologista, poiché scegliendo alternative di trasporto sostenibili ci garantiamo un’aria più respirabile, un ecosistema più sicuro e una Città più inclusiva verso chi deve percorrere lunghi tragitti, che invece spesso deve utilizzare un automobile, vista l’assenza di tratte o il prezzo non conveniente per gli abbonamenti del trasporto pubblico.
Durante il nostro mandato abbiamo avanzato numerose richieste di miglioramento del trasporto pubblico, con l’obiettivo di agevolare la nostra mobilità dentro e verso la Città. Le nostre sono proposte per rendere concreto quel famoso obiettivo, tanto propagandato in campagna elettorale comunale e lì rimasto, della “città da 15 minuti”. Abbiamo chiesto il potenziamento della linea che porta verso San Piero a Grado, aumentando la frequenza delle corse (ad oggi assolutamente insufficienti) verso il dipartimento di veterinaria, dove presto verrà trasferita tutta la comunità studentesca che studia in quell’area. Allo stesso modo, abbiamo chiesto e ottenuto il potenziamento della linea 3+, che porta a Chimica e alla residenza di Praticelli, aggiungendo una fermata.
Queste richieste sono state accolte dal Comune, ma per il futuro vogliamo un ripensamento complessivo del sistema di trasporti pisano, incluse le inesistenti le linee notturne. L’obiettivo, anche in questo caso, è un miglioramento strutturale del servizio.
Le nostre necessità nei trasporti non riguardano solamente le tratte esistenti ma anche la tariffa. L’abbonamento per il trasporto urbano ha un costo di 16 euro mensili per chi presenta un ISEE sotto i 36.000 euro, 22 euro sopra quella soglia. Ciò determina una spesa annuale di 264 euro, contro i 278 dell’abbonamento annuale per la componente studentesca senza agevolazione. Allo stesso modo, le agevolazioni per il trasporto via treno sono largamente insufficienti: è previsto uno sconto del 20% solamente per chi è fuori sede e utilizza le frecce. Il che è paradossale, considerando che chi fra noi è pendolare solitamente si sposta tramite treni regionali.
Gli avanzamenti che riteniamo necessari per una transizione ecologica sostenibile e che soddisfi i nostri bisogni come comunità studentesca sono:
- introduzione di un sistema di bigliettazione unica che permetta di accedere a biglietti e abbonamenti di treno e autobus a tariffe agevolate. Nel frattempo, è necessario almeno un lavoro per
- miglioramento dell’attuale convenzione per il trasporto pubblico locale, prevedendo la possibilità di acquistare abbonamenti trimestrali e annuali a prezzo agevolato;
- convenzioni per l’abbonamento dei treni regionali (ad oggi vale solo per le frecce) per pendolari;
- ripensamento e ottimizzazione del sistema di trasporto pubblico urbano nella Città di Pisa, con ad esempio:
- potenziamento delle linee notturne ad oggi insufficienti, con ulteriori tratte che ci permettano di muoverci in modo sicuro;
- l’attivazione di una linea che colleghi le zone di Pratale, CNR e Praticelli con le zone di Via Bonanno, Ingegneria, Farmacia e la Stazione Centrale, ad oggi inesistente;
- reimmissione e permanenza delle biciclette usate o abbandonate nel tessuto urbano;
- potenziamento del servizio di bike-sharing pubblico.
Diritto all’abitare
Il costo di un alloggio è una delle spese più ingenti che dobbiamo sostenere quando decidiamo di studiare all’Università, specie se fuori sede. Il mercato immobiliare per com’è adesso, scriteriato e con costi eccessivi per molte famiglie, spesso ci costringe a fare scelte difficili, non per ultima rinunciare agli studi.
In Città c’è una mancanza strutturale di posti alloggio, non sufficienti a coprire il fabbisogno della comunità. Questa carenza di stanze, però, non corrisponde a un’assenza reale di edifici, quanto piuttosto a una precisa volontà di alterare il mercato immobiliare. Infatti, lasciare gli immobili sfitti in modo da aumentare la domanda di posti, causa un incremento artificioso dei prezzi degli affitti. Tutto questo all’interno di un mercato immobiliare che si configura di fatto come un oligopolio, dove il maggior numero di appartamenti è nelle mani di pochi grandi proprietari.
Diventa sempre più difficile trovare un alloggio anche vista la crescente tendenza, aumentata dopo il Covid, a convertire in affitti brevi le case un tempo destinate a cittadinanza e componente studentesca.
Il fenomeno dilagante degli Airbnb si lega a doppio filo con la politica di gentrificazione intrapresa dal Comune di Pisa: le parti sociali ritenute problematiche, tra cui rientriamo anche noi come comunità studentesca, vengono sempre più allontanate dal centro e relegate alla periferia. Questo fenomeno è diffuso in molte Città universitarie, come vediamo anche a Firenze ed è per questo molto difficile ottenere una regolamentazione degli affitti brevi!
Tuttavia, si tratta di un problema che non può essere sottovalutato, soprattutto in un momento in cui la situazione abitativa è in crisi anche dal punto di vista del DSU.
Quando parliamo di politiche abitative facciamo riferimento anche alla necessità di migliorare le condizioni fisiche degli alloggi, molto spesso pessime, con camere fatiscenti e anguste.
Senza un’attenta politica da parte del Comune per contrastare l’insostenibilità della vita a Pisa da fuorisede, nel lungo periodo potremmo assistere a una netta diminuzione della popolazione studentesca, che a oggi rappresenta circa un terzo della popolazione totale di Pisa.
Considerando la pressione crescente dovuta alla crisi economica che stiamo attraversando, è facile comprendere come gli affitti in nero trovino sempre di più terreno fertile per diffondersi. Sebbene questi ci lascino totalmente senza tutele, diventano sempre di più l’unica via percorribile per alcune persone. Anche in questo caso, a rimetterci sarà sicuramente chi ha condizioni economiche svantaggiate.
Da dicembre abbiamo ottenuto l’apertura di un tavolo in CUT (Conferenza Università e Territorio), in cui sono presenti anche il Comune e il DSU, attraverso il quale mettere mano a un accordo territoriale per migliorare la politica abitativa pisana. I lavori di questo tavolo sono ancora in corso e in quella sede stiamo già portando avanti le proposte che si trovano in questo programma.
È fondamentale per noi che venga ripresa e diffusa la disciplina del contratto a canone concordato, che garantisce maggiori tutele per chi è in affitto, prima tra tutti una riduzione del canone, e garantisce agevolazioni per chi mette in affitto il proprio immobile.
Il canone concordato e la regolamentazione degli affitti brevi (Airbnb), sono misure da coniugare nell’ottica di un calmieramento generale dei prezzi degli affitti (ad oggi più alti di almeno il 10% rispetto agli anni pre-covid).
Per questo chiediamo:
- attuazione di politiche abitative mirate per evitare le attuali speculazioni, anche attraverso un accordo territoriale tra amministrazione comunale, Università e Regione;
- re-istituzione del contratto a canone concordato;
- istituzione di un corso universitario sul diritto all’abitare, come formazione per creare consapevolezza e garantire alla componente studentesca strumenti di autotutela.
Diritto alla Salute
Questo programma elettorale si apre con un’introduzione sul benessere psicologico, motivo per cui abbiamo deciso di concludere proprio con la rivendicazione di questo ulteriore diritto che spieghiamo in apertura: il diritto alla salute.
Questo diritto si declina concretamente in vari modi: sicuramente è necessaria la fruibilità dell’assistenza medica di base. A livello nazionale, se si è fuorisede si può accedere al medico di base nel luogo in cui si studia (o lavora) attraverso il domicilio sanitario. Questo strumento comporta il dover necessariamente rinunciare all’assistenza sanitaria di base nel Comune di residenza, in più va rinnovato ogni anno!
Per questo per anni abbiamo lottato per l’implementazione in Università di un’assistenza sanitaria universitaria, e ce l’abbiamo fatta! È stato recentemente realizzato un sistema di assistenza sanitaria per fuorisede, che permette di ricevere le cure necessarie nel luogo in cui svolgiamo la nostra attività di studio.
Attualmente prevede un costo di attivazione annuo pari a 15 euro. Il nostro obiettivo è fare in modo che sia gratuita.
Un altro tema fondamentale è la necessaria collaborazione che deve intercorrere tra UniPi e i consultori sul territorio. Sono attualmente attive delle convenzioni, ma ci sono criticità non indifferenti in termini di accessibilità reale.
Oltre a favorire l’accessibilità nei consultori per tutta la componente studentesca, è inoltre fondamentale promuovere la presenza di una equipe formata e capace di intercettare tutti i bisogni in maniera trasversale.
I consultori e l’Università dovrebbero infine provvedere al potenziamento dello sportello d’ascolto, attualmente sospeso!
Per questo chiediamo:
- agevolazione dell’accesso alle cure per fuorisede, con l’obiettivo di ottenere la gratuità dell’assistenza sanitaria.
- miglioramento delle convenzioni con i consultori, per renderli accessibili in modo equo a tutta la comunità, evitando ogni tipo di discriminazione;
- riattivazione e potenziamento dello sportello d’ascolto.
Ultimo aggiornamento: 23 aprile 2024 h. 22:00