L’Università di Pisa, come emerso al momento dell’assegnazione del Fondo di Finanziamento Ordinario per il 2013 da parte del Ministero, è decisamente al di sopra della media nazionale per numero di fuoricorso e di studenti inattivi (ovvero, che conseguono meno di 12 crediti in un anno accademico). Sappiamo come questi elementi siano valutati dal Ministero in maniera negativa, secondo criteri ideologici e che contestiamo da anni per la ripartizione della quota premiale del FFO, anche se, lo ribadiamo, per questo anno accademico un numero minore di fuoricorso non avrebbe portato un euro in più a Palazzo alla Giornata.
Si tratta di un fenomeno che va indagato a fondo e che purtroppo è spesso banalizzato: non si parla mai dell’organizzazione della didattica o della qualità (e conseguente difficoltà) di un corso di laurea, ma quasi sempre di studenti lenti perché fannulloni. Al contrario, dalle stesse indagini del nostro ateneo emerge una realtà molto diversa: dal sondaggio compiuto lo scorso anno accademico su un campione significativo di studenti inattivi è risultato che ben il 70% degli intervistati dichiara un’attività lavorativa, mentre più del 20% dichiara un figlio a carico.
Di fronte a questi dati di realtà, che mettono in luce le difficoltà socio-economiche e familiari che possono nascondersi dietro gli “studenti lenti”, abbiamo aperto una vertenza politica e culturale all’interno del nostro ateneo, che ci ha consentito da un lato di scongiurare aumenti punitivi alla contribuzione studentesca di studenti inattivi e fuoricorso e dall’altro di aprire una trattativa per l’introduzione della figura dello studente part-time, ovvero uno studente che decide di poter conseguire al massimo la metà dei crediti previsti in un anno accademico ricevendo in cambio uno sconto sulla contribuzione studentesca.
Riteniamo quest’ultimo strumento, già adottato da molti atenei pubblici, un istituto in grado di garantire un efficace sostegno agli studi per determinate situazioni che impediscono allo studente di impegnarsi full time nella formazione universitaria; al tempo stesso, poiché questi studenti non risultano fuoricorso prima del doppio della durata standard di un corso di laurea più un anno, consente all’Ateneo di ottenere indicatori migliori per la quota premiale del FFO che guarda alla didattica: attraverso questa via l’Università di Pisa può arrivare in potenza a recuperare fino a 3 milioni di euro dal ministero.